Martina, l'outsider già pronto a trattare

Martina, l'outsider già pronto a trattare
di Mario Ajello
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Lunedì 19 Novembre 2018, 10:34
Sor tentenna verrebbe da chiamarlo. Maurizio Martina, segretario uscente ma se gli va bene anche rientrante, è il terzo incomodo ma sta ancora dicendo a se stesso: decidi di decidere se accetti di accettare (di fare il candidato). Da Delrio a Orfini fino a Cuperlo, lo spingono all'impresa, lui è già in campo ma il suo gioco è quello della melina. Con frasi folgoranti del tipo: «Se può essere utile al partito, mi candido». Oppure: «Per me candidarmi non è una scelta personale ma politica». Ovvero non far vincere Zingaretti e poi trattare con Minniti.
Perciò pezzi di renzismo lo spingono, mentre gli zingarelliani pregano che lui non partecipi alla corsa e alla conta. Intanto Martina, a cui neppure la barba nera un po' combat riesce a dare il fascino del guerrigliero e il carisma del leader, si è dimesso da segretario (la segreteria più breve in dieci anni di vita del Pd) e vuole un congresso in tempi rapidi.
La sua candidatura, da sicuro perdente, però nel gran gioco delle primarie toglie qualcosa sul lato destro in Lombardia a Minniti (quindi a Renzi) e qualcosa sul lato sinistro a Zingaretti. Non ha che invitare all'unità Martina, quando invece il Pd è, come sempre, in fase di cannibalismo acuto. «Ricordiamoci che il nemico è la destra», dice e ripete in ogni occasione, anche l'altro ieri all'assemblea romana. Quella in cui Renzi non c'era e Martina ha fatto il Martina unificando tutti nello sbadiglio.
 
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