La legge elettorale, rieccola. Strano parlarne mentre infuria la guerra. E tuttavia, proprio per avere un Paese forte nello scenario globale che si disegnerà nei prossimi anni la stabilità delle compagini governative non sarà un dettaglio e i sistemi elettorali sono la cassetta degli attrezzi che serve a garantire (o almeno si spera) una buona politica. E comunque: Nicola Zingaretti fa emergere a chiare lettere quel che ormai si muove sempre più velocemente nel mondo Pd: la svolta proporzionalista. con pieno avallo di Enrico Letta. Che può essere tradotta così: Conte e i 5 stelle non danno nessuna affidabilità né nei numeri (si prevede un tonfo sotto il 10 per cento alle politiche e intanto alle amministrative i grillini sono a rischio sparizione) né sul piano politico (basti vedere il vetero-pacifismo del capo stellato nelle vicende ucraine) e dunque un'alleanza da maggioritario con quel movimento non conviene al Nazareno e alle sorti elettorali del centrosinistra.
Ma Zingaretti non entra esplicitamente in tutto ciò e rilancia con tutto il peso del personaggio ciò che anche da segretario dem sosteneva: «Quanto sta avvenendo conferma che la migliore legge elettorale per il Paese è un proporzionale con soglia di sbarramento al 5 per cento».
Cespugli
Quando poi, ieri pomeriggio, anche Conte plaude alla svolta proporzionalista dei dem e la fa sua («La riforma della legge elettorale in senso proporzionale l'ha proposta per primo il MoVimento 5 stelle. Oggi è la soluzione migliore anche per affrontare la riforma determinata dal taglio dei parlamentari e rafforzare la rappresentatività del Parlamento») allora si capisce che il quadro della politica italiana è cambiato. Bye bye alleanza rosso-gialla e spartizione dei collegi uninominali tra Pd e M5S, troppe le divisioni, troppe le fragilità stellate, troppe gli interessi di Conte a recuperare consensi non facendo la figura dell'ascaro del Nazareno e troppo forte la tendenza dem a dialogare con il centro (Calenda, Renzi, pezzi di Forza Italia) e con la sinistra (la nascente alleanza Verdi-Sinistra Italiana) in un'ottica post-elettorale e di eventuale governo di larghe alleanze magari con Draghi (o un Draghi) dopo Draghi visto che Draghi al Colle non è stato mandato e potrebbe servire ancora a Palazzo Chigi. Il fatto nuovo è che la svolta proporzionalista vede Letta in prima linea. Non è sempre stato un convinto maggioritarista? A chi ieri lo ha sentito, il segretario ha detto: «Io sono laico in questa materia. Credo nella democrazia bipolare ma si può avere anche con un proporzionale alla spagnola o alla tedesca». Insomma, proporzionale ma con destra-sinistra come discrimine: Letta da una parte e la Meloni dall'altra (domani i due si confronteranno ancora una volta in un dibattito di reciproca legittimazione, alla fondazione FareFuturo). Ma per cambiare la legge elettorale serve che o la Lega (per non farsi cannibalizzare dalla Meloni) o Berlusconi (per non essere mangiato dal Carroccio) si convertano al proporzionale. Mentre la Meloni gioca tutte le sue chance sull'opzione opposta.
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