Casini: «Il 25 aprile sia la Festa di tutti, basta ambiguità a destra»

Il senatore: «Meloni dovrebbe seguire l’esempio di Berlusconi a Onna nel 2009»

Casini: «Il 25 aprile sia la Festa di tutti, basta ambiguità a destra»
di Mario Ajello
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Martedì 25 Aprile 2023, 00:14

La vigilia di questo 25 aprile, Pier Ferdinando Casini la trascorre a una commemorazione di Alcide De Gasperi organizzata dalla Fondazione che porta il nome dello statista democristiano ed è presieduta da Angelino Alfano. Fu proprio De Gasperi da capo del governo ad istituire nel 1946 il 25 Aprile quale festa nazionale, connotando la Liberazione d’Italia come un momento unificante e in cui tutti potessero riconoscersi. E insieme a Casini, ad Alfano e ad altri partecipanti, a ricordare De Gasperi per il 78esimo anniversario della Liberazione ci sono una serie di associazioni, tra cui l’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani, l’Istituto Sturzo, la Fondazione Donat Cattin, il Centro Studi Aldo Moro, la Fondazione Italiana Europa Popolare, l’Associazione Nazionale Democratici Cristiani e Tempi Nuovi-Piattaforma Popolare.

Presidente Casini che 25 aprile è il suo 25 aprile? 
«Il mio 25 aprile è già cominciato.

E mentre stiamo facendo questa intervista, sono appunto alla basilica di San Lorenzo fuori le Mura dove sto rendendo omaggio ad Alcide De Gasperi. Fu lui da capo del governo a istituire la festa della Liberazione. E guai a chi, oggi, con comportamenti poco appropriati trasforma la festa della Liberazione, che è di tutti, in una festa di parte. La Dc non avrebbe mai accettato di regalare la Liberazione alla sinistra, perché ci è sempre stato chiaro che essa è stata un movimento di popolo con diverse vocazioni politiche. Ha senso ricordare la Brigata Osoppo, o le brigate di Giustizia e Libertà. Il movimento di Liberazione è stato fatto da comunisti, socialisti, cattolici, azionisti, liberali. E vorrei ricordare per tutti Paolo Emilio Taviani, grande comandante della Resistenza nella sua Liguria e poi statista di assoluta importanza, il quale fino agli ultimi anni della sua vita è voluto restare presidente della Federazione italiana volontari della libertà, associazione dei partigiani cattolici». 

Ma non crede che omologare le memoria sia sbagliato, e che anche sul 25 aprile ognuno può coltivare la propria e non uniformarsi? 
«Le memorie non sono tutte uguali. Ma la storia ha una sua verità. Non c’è dubbio che la nostra Repubblica e la nostra Costituzione abbiano come elemento fondante l’antifascismo. Così come è indubitabile che se nel ‘48 avessero vinto Togliatti e i comunisti e non De Gasperi e i democristiani, non ci sarebbe stato probabilmente un regime democratico. Questo è così vero che le scelte atlantiche contestate dal Pci ai governi democristiani sono poi diventate patrimonio comune di tutta l’Italia. Basti pensare alle affermazioni di Enrico Berlinguer che disse di sentirsi più protetto sotto l’ombrello della Nato piuttosto che dal Patto di Varsavia e al suo lavoro per creare l’eurocomunismo staccandosi dall’Unione Sovietica. Voglio dire insomma che ognuno può coltivare la sua memoria ma una verità storica esiste. E’ incontestabile che i resistenti erano dalla parte giusta e i ragazzi di Salò da quella sbagliata». 

Questo è il primo 25 aprile con la destra alla guida di Palazzo Chigi. Che impressione sta avendo di questo debutto?
«Mi sembra che la destra sia molto ondeggiante tra lo stare a pieno titolo nella storia della Repubblica e il voler stabilire dei distinguo andando indietro rispetto alle posizioni di Gianfranco Fini e del congresso di Alleanza Nazionale a Fiuggi. Mi auguro che oggi Giorgia Meloni dica una parola risolutiva perché De Gasperi volle la festa del 25 aprile come una festa di pacificazione nazionale. Ed è paradossale che chi sta al vertice delle istituzioni possa avere delle idee diverse».

Non è paradossale anche che la sinistra usi il passato per attaccare l’avversario del presente? Il 25 aprile come arma contundente è sempre stata agitata al tempo dei governi Berlusconi... 
«Questa volta non vedo l’idea di contundere da parte di nessuno. Ho visto delle reazioni ad affermazioni sorprendenti. Se Fini ha sentito il bisogno di dire le cose che ha detto l’altro giorno, mica le ha dette alla sinistra! Le ha dette a qualcun altro. Io penso che Fiuggi debba essere un punto fermo anzitutto per chi c’era: come La Russa e Meloni. Se penso al centrodestra in cui io ho militato, fino all’inevitabile rottura, la mia memoria va a Silvio Berlusconi nel discorso di Onna, subito dopo il terremoto abruzzese, con al collo il fazzoletto della Brigata Maiella. Quello fu il momento più alto di riconciliazione nazionale. E tutti lo riconobbero». 

Non crede però che i giovani se ne infischino del 25 aprile o lo vedano come una cosa che non parla a loro? 
«Più si va nelle giovani generazioni e meno c’è memoria. Questo è un aspetto negativo. Le persone che hanno responsabilità pubblic hanno il dovere di coltivare e di diffondere la memoria. La rimozione è di per sé sbagliata. Un Paese che non coltiva la memoria non ha futuro. Io ho intrattenuto un rapporto forte con Carlo Azeglio Ciampi. Il quale da presidente della Repubblica ha compiuto un lungo viaggio nel passato degli italiani per creare una memoria condivisa. Ha peregrinato per il mondo per costruire il mosaico della nostra storia. E’ andato ad El Alamein, a Cefalonia e in tanti altri luoghi anche della sofferenza degli italiani: da Marzabotto a Sant’Anna di Stazzema. Sono parti di un pellegrinaggio che era rivolto ai giovani». 

Lei oggi in quale piazza sarà? In quella del 25 aprile pro-Ucraina, organizzata da Più Europa e da altri movimenti e associazioni? 
«Sarò idealmente presente alla manifestazione davanti al Pantheon. Perché l’Ucraina sta resistendo all’occupazione russa nello stesso spirito con cui tanti italiani si opposero ai nazifascisti. E noi stiamo aiutando quel popolo invaso in coerenza anche con i valori del 25 aprile. Non potevamo abbandonare al loro destino donne e uomini invasi da un Paese straniero contro ogni norma di legalità internazionale. E’ assai impopolare aiutare con l’invio di armi il governo di Kiev. Ma in certe circostanze assumersi le proprie responsabilità è proprio in linea con i valori che abbiamo ereditato dall’esperienza della Resistenza. Guardi, io credo che ognuno debba andare nelle piazze che ritiene più coerenti e appropriate alle proprie idee, ma la storia non si può manomettere e ha una verità incontestabile: la Resistenza italiana è stata fatta contro il nazifascismo, il comunismo per fortuna non lo abbiamo mai avuto».

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