Enrico Brignano: «Tornare in tv? In questo momeno no, ora sono tutti esperti di share»

L'ultima fatica letteraria, "Non facciamone una tragedia": la mitologia secondo me pubblicata da Einaudi

Enrico Brignano: «Tornare in tv? In questo momeno no, ora sono tutti esperti di share»
di Ilaria Ravarino
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Mercoledì 15 Novembre 2023, 06:35

Nove libri pubblicati e nemmeno una biografia («Lo farò quando sarò davanti alla fossa»). Comico e monologhista, in questi giorni a teatro con Ma diamoci del tu, il romano Enrico Brignano, 57 anni, ha un'insospettabile anima da scrittore. L'ultima fatica letteraria, Non facciamone una tragedia la mitologia secondo me pubblicata da Einaudi per volontà dell'agente Beppe Caschetto, cui il libro è dedicato è una rilettura dei miti greci da Prometeo a Edipo, che l'attore immagina di raccontare la sera alla figlia Martina. Eroi riletti in chiave moderna e dei «che si comportano con le donne come gli uomini di potere con le veline. Solo che non le fanno diventare assessori comunali, ma immortali».


Perché i miti greci e non quelli romani?
«Perché i romani sono venuti dopo: i loro erano un copia incolla».


Il suo nume tutelare?
«Più che un dio, un uomo. Ulisse: un navigatore, un capo, uno che si fa legare all'albero di una nave solo per ascoltare il canto delle sirene. Lo avrei voluto portare a teatro, in una commedia musicale. Ma ci hanno fatto un musical e mi hanno fregato».


I miti sono universali: oggi cosa ci dicono?
«Zeus e gli dei rappresentano lo stato super-controllore della vita quotidiana, quello che si arrabbia e non è mai buono: anche se gli sacrifichi un bue, o prometti di rateizzare, non perdona. Gli dei sono quello che succede sopra alle nostre teste: quelli che bombardano l'Ucraina o Gaza, capocce malate come Putin, Kim Jong-un o Biden, che minacciano l'atomica e non possiamo farci niente».


I miti erano scorretti. Lei?
«Io sono per calmierare, per l'ironia. Sono fasi: ci sono periodi in cui si potevano fare delle cose, come quando Michelangelo dipingeva i nudi per i Papi, e momenti in cui arrivavano i mutandai e quegli stessi nudi andavano coperti. Oggi siamo nella fase del mutandaio. Vorrei avere la sfacciataggine e il genio di un Checco Zalone o un Angelo Duro, che ci vanno giù pesanti».


E invece?
«Devo essere quello che sono.

Non mi limito ma cerco altre strade».


Le commedie al cinema non funzionano: colpa del politicamente corretto?
«Da una parte è un problema di abitudine al cinema che non c'è più, dall'altra di investimento, in termini di budget e di autori. È diventata una questione di contratti: "ha firmato coso?", allora si fa. Alcune commedie poi escono in poche copie, due settimane e non le trovi più. I miei genitori non hanno fatto in tempo a vedere il mio film, Una storia pericolosa. Uscito il 30 agosto, con la promozione a 3 euro e 50. Che alla gente suona come se gli stessi rifilando un prodotto scadente, come se gli vendessi una borsa falsa».


Cortellesi, allora?
«Il suo film è un miracolo. Un successo straordinario e meritato».


Perché non cambia genere?
«Perché da me vogliono questo. Se non ci sono io, del resto, chi prendono? Non ne faccio un di\lità sul cartellone e disponibilità alla promozione».


Perché non se lo gira lei?
«In effetti se non ti danno qualcosa te lo devi andare a prendere. Adesso mi tolgo lo sfizio della regia teatrale, per il cinema devo trovare l'idea giusta. Qualcosa c'è».


Si diceva di un suo ritorno in tv. E poi?
«No. Andrò da Fazio a presentare il libro, è un vecchio amico. Ma un programma in questo momento di buriana no. Ora tutti sono esperti di share. Non me la sento, sarebbe troppo rischioso. "Le perle ai sorci", diceva mio padre».


Prima dei 60 anni che obiettivo si dà: Sanremo?
«No, piuttosto un film da regista. Ed essere coccolato in un filmone da un autore bravo e importante. Oppure un tour mondiale: noi dal Paese ce ne andiamo, ma fuori c'è tanta gente che dell'Italia ha nostalgia».

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