Cranio di Homo Sapiens affiora nel Po in secca: l'ha trovato l'archeologo-sindaco Davide Persico

Altri resti di una popolazione di 1,6 milioni di anni fa. Perché è stato scelto il nome Acamar

Cranio di Homo Sapiens affiora nel Po in secca: la scoperta dell'archeologo sindaco Davide Persico
di Laura Larcan
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Lunedì 3 Luglio 2023, 21:18 - Ultimo aggiornamento: 21:20

Doveva offrire panorami da birdwatching e invece ha regalato un cranio fossile di Homo Sapiens. Le sorprese inaspettate del Po, soprattutto in tempi di magra. Quando si dice, fare una scoperta per caso. Sono riaffiorate da un tratto di sponda, incastonate nella ghiaia fangosa nel punto dove il Po incrocia l’Adda, proprio nel tratto al confine tra Cremonese e Piacentino.

Ossa particolari che solo l’occhio esperto di un paleontologo poteva riconoscere. Altrimenti sarebbero rimaste ancora lì, seminascoste in attesa dell’acqua alta. A ritrovarle è stato Davide Persico, professore di Paleontologia dell’Università di Parma, nonché sindaco di San Daniele Po (presso Cremona).

Nel dettaglio, sono state identificate due ossa parietali e un osso occipitale, risalenti al Paleolitico. A circa 1,4 milioni di anni fa. Quello che si è ritrovato per le mani, una volta pulito delicatamente dai depositi millenari, era un cranio umano di Homo sapiens arcaico, cioè di uno dei primi uomini emigrati dall’Africa all’Europa. «Ho capito subito che ero di fronte a qualcosa di importante - ha rivelato Persico alla stampa accorsa dopo l’annuncio della scoperta - Sicuramente la siccità ha consentito che il reperto riaffiorasse in un tratto di sponda di solito coperto dall’acqua». La scoperta, infatti, è avvenuta nel settembre scorso (2022) in piena stagione di siccità col livello del fiume ai minimi storici. Ma la notizia è stata resa nota soltanto oggi alla conclusione delle prime analisi sul reperto fossile che ora è conservato nel Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma sotto la supervisione scientifica della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Parma e Piacenza.

«La datazione è ancora incerta perché devono essere effettuati tutti gli studi necessari, ma è sicuramente arcaico e ritengo possa risalire al paleolitico», ha continuato Persico. Il reperto osseo, rinvenuto a Isola Serafini, a vallo della confluenza col fiume Adda, sarà trasferito a Ravenna per le indagini genetiche e con il Carbonio 14.

Per il prezioso reperto è stato messo a punto il progetto di ricerca denominato “Acamar” (il nome dato all’Homo Sapiens del Po) che ne indagherà la paleo-antropologia, la paleogenetica e la geochimica. Esso si svolgerà nei prossimi mesi mediante una collaborazione tra la Soprintendenza, l’Università di Parma, l’Università di Milano, l’Università di Bologna e il Museo Paleoantropologico del Po di San Daniele Po (Cremona) con lo scopo di ricostruire la storia di un esemplare unico nello scenario paleontologico padano, per presentarla in articoli scientifici su riviste internazionali e nella nuova esposizione permanente del Museo di Storia Naturale dell’Università di Parma dove il fossile verrà esposto.

Già nella primavera del 2022 gli effetti della magra del Po avevano entusiasmato i ricercatori restituendo i resti fossili di animali preistorici rimasti intrappolati nell’alveo del fiume. Interviene anche il noto paleoantropologo della Sapienza di Roma Giorgio Manzi: «Il ritrovamento dei resti del cranio di un antico Homo sapiens nel Po dimostra come il grande fiume della Pianura padana continui a giocare ‘a nascondino' con le tracce dei nostri antenati, seppellendole e facendole riemergere in virtù dei suoi fenomeni alluvionali, proprio come aveva già fatto con il cranio dell’uomo di Neanderthal Paus scoperto nel 2009».

Una curiosità, perché l’Homo Sapiens del Po è stato chiamato Acamar? «Perché la costellazione di Eridano (antico nome del Po) ha la forma di un fiume la cui sorgente è indicata dalla stella Cursa, si snoda verso sud e compie l’ultima ansa in corrispondenza della stella Acamar. Il fossile di Homo sapiens è stato trovato proprio nel grande meandro di Isola Serafini, che somiglia a quella parte di costellazione».

Più romanticismo che scienza. Ma la suggestione è forte.

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