Caso Parmalat, Arpe lascia la guida di Banca Profilo

Caso Parmalat, Arpe lascia la guida di Banca Profilo
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Giovedì 11 Dicembre 2014, 05:59
LA SENTENZA
ROMA Matteo Arpe si è dimesso dall'incarico di presidente e amministratore delegato di Banca Profilo a seguito della conferma della Cassazione lo scorso 5 dicembre alla condanna per la vendita delle acque minerali Ciappazzi a Parmalat. All'epoca dei fatti Arpe era il direttore generale di Capitalia a fianco del presidente Cesare Geronzi. È quanto si legge in una nota in cui viene indicato che il cda ha cooptato il notaio Gennaro Mariconda. Mariconda sarà vice di Guido Bastianini, nominato presidente all'unanimità. Arpe si è dimesso anche dagli incarichi ricoperti nella capogruppo Arepo Bp. La decisione dell'ex enfant prodige della finanza italiana è stata presa a seguito - spiega una nota - della sentenza sul caso Ciappazzi/Parmatour, che ha rinviato alla Corte d'Appello per la determinazione delle pene principali e accessorie. Di conseguenza Arpe «ha ritenuto opportuno presentare le proprie dimissioni». Mariconda, notaio a Roma dal 1977, ha seguito numerosi processi di ristrutturazione, trasformazione e concentrazione di aziende bancarie e industriali italiane. È professore ordinario emerito di diritto civile ed è stato presidente del consiglio nazionale del Notariato dal 1998 al 2001. Attualmente ricopre anche l'incarico di sindaco effettivo di Enel e di Salini Costruttori. Mariconda è soprattutto persona vicina ad Arpe, essendo vicepresidente non esecutivo di Sator, il fondo di private equity che fa capo allo stesso banchiere monzese.
La decisione arriva dopo la sentenza della Cassazione che a proposito della vendita alla Parmalat delle Acque minerali Ciappazzi aveva sostanzialmente confermato l'impianto accusatorio, pur indicando una revisione al ribasso delle pene per l'intervenuta prescrizione e la riqualificazione di alcuni reati. Tra gli imputati l'ex presidente di Banca di Roma-Capitalia, Cesare Geronzi, l'allora direttore generale di Capitalia, appunto Arpe, e altri sei manager della banca. Il 7 giugno 2013 la Corte d'Appello di Bologna aveva confermato le condanne di primo grado: a Geronzi erano stati inflitti cinque anni per bancarotta e usura, ad Arpe tre anni e sette mesi per la sola bancarotta.
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