Ramadan, al via per più di un miliardo e mezzo di musulmani: sullo sfondo la crisi economica

In tutto Medio Oriente giungono gli echi della guerra in Ucraina, con le sue ripercussioni politiche e, soprattutto, economiche

Ramadan, al via per più di un miliardo e mezzo di musulmani: sullo sfondo la crisi economica
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Venerdì 1 Aprile 2022, 19:27 - Ultimo aggiornamento: 19:59

Dopo le restrizioni imposte dalla pandemia, le insicurezze e le tensioni causate dalla guerra in Ucraina dominano in Medio Oriente gli animi di centinaia di milioni di musulmani che si apprestano dal tramonto a iniziare il Ramadan, il mese islamico del digiuno che si concluderà il 2 maggio prossimo e che coinvolge in tutto il mondo più di un miliardo e mezzo di fedeli. In tutto Medio Oriente giungono gli echi della guerra in Ucraina, con le sue ripercussioni politiche e, soprattutto, economiche. Il Ramadan è uno dei cinque pilastri dell'Islam ed è considerato uno dei doveri di ogni fedele, chiamato a digiunare dall'alba al tramonto per poi interrompere, con l'iftar (rottura del digiuno), l'astinenza nelle ore notturne. In origine periodo di espiazione e purificazione, il Ramadan è tradizionalmente un mese di incontri tra familiari e amici, ritrovi conviviali, cene interminabili e maratone non stop sui divani, di fronte alle sempre più numerose serie tv proposte dalle varie piattaforme televisive.

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Ma più di altri anni il Ramadan quest'anno è vissuto all'ombra di un pervasivo senso di precarietà economica, di insicurezza alimentare, di timori di nuove tensioni e conflitti sociali.

Si guarda ai musulmani ucraini - solo l'uno per cento di una popolazione in larga parte cristiana - in fuga all'estero o rimasti intrappolati nelle violenze armate nel loro paese. Si guarda alle decine di migliaia di musulmani di altre nazionalità che lavoravano in Ucraina e che sono dovuti tornare in patria, come il caso di 20mila turchi rimasti tornati a celebrare il Ramadan con le loro famiglie nelle città di origine, ma rimasti senza lavoro. Una sofferenza assai maggiore quella che colpisce milioni di musulmani siriani e yemeniti, da anni alle prese con i rispettivi conflitti armati e afflitti dagli effetti di quelle che l'Onu ha definito le peggiori crisi umanitarie del pianeta, con la stragrande maggioranza delle popolazioni in stato di povertà e di urgenti bisogni umanitari.

Sarà un Ramadan ad alta tensione per tutti i musulmani palestinesi a Gerusalemme, terza città santa dell'Islam, ma anche dentro e fuori la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, alla luce dell'inasprirsi degli attacchi registratisi negli ultimi dieci giorni in Israele e delle contromisure di sicurezza adottate in queste ore dallo Stato ebraico. Con le eccellenti eccezioni dei musulmani che vivono in condizioni agiate - se non di lusso - per lo più nei paesi del Golfo come Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Arabia Saudita, a soffrire particolarmente appare la classe media dei paesi mediorientali non direttamente colpiti dalle guerre ma investiti dalle onde lunghe della crisi e dalle conseguenze commerciali della guerra in Ucraina. In Egitto la moneta locale ha perso il 14% del suo valore in solo un mese e si teme per le scorte di cereali e degli olii provenienti dai paesi del Mar Nero. Una preoccupazione condivisa non solo da libanesi e siriani, ma anche da decine di milioni di giordani e iracheni, in maniera diversa alle prese con crisi finanziarie senza precedenti e con la crescente penuria di servizi essenziali. (

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