Israele e gli Stati Uniti si preparano alla vendetta dell’Iran. Una lunga attesa per una rappresaglia giurata dalla Repubblica islamica e da Hezbollah, entrambi colpiti al loro cuore con gli omicidi mirati di Beirut e Teheran. Le Israel Defense Forces continuano a decapitare le organizzazioni nemiche. È stato ucciso il vice capo della produzione di armi del Jihad islamico palestinese, Mohammed al-Jabari, responsabile anche della distribuzione di fondi e stipendi.
L’Iran prepara l’attacco: «Coalizione anti-Israele Abbiamo sete di sangue»
Ma i contatti tra Washington e Tel Aviv sono sempre più fitti. Joe Biden, nella telefonata con Benjamin Netanyahu, nonostante la frustrazione espressa al primo ministro, ha garantito che il suo Paese proteggerà Israele da qualsiasi attacco. E l’idea dell’intelligence Usa è che non si tratti più di capire se l’Iran tenterà di colpire lo Stato ebraico, ma solo quando e come. Per molti osservatori l’attacco è imminente. Per qualcun altro, invece, gli ayatollah potrebbero prendere tempo arrivando a colpire Israele nel giorno di lutto, Tisha b’Av, che quest’anno cade tra il 12 e il 13 agosto. Una ricorrenza che l’Iran potrebbe sfruttare come mossa propagandistica, colpendo Israele con un attacco coordinato di tutte le milizie.
LA REAZIONE USA
Il Pentagono ritiene questo scenario sempre più concreto. E ha attivato tutte le sue forze nell’area. Dopo le notizie sul dispiegamento di 12 navi da guerra tra Mediterraneo orientale e Golfo Persico, ieri il New York Times ha rivelato che la Difesa Usa starebbe pensando a inviare nella regione altri aerei da guerra, nella speranza di dissuadere Teheran da mosse avventate. L’obiettivo della Casa Bianca è che la macchina da guerra Usa in Medio Oriente funga da deterrente ed eviti una escalation che né il presidente né Kamala Harris vogliono in questa fase della campagna elettorale. Ma sul tavolo dei servizi segreti e dei militari sono previste tutte le opzioni: anche quella di dovere intervenire in difesa dello Stato ebraico come avvenuto ad aprile. Soprattutto perché molti esperti ritengono che gli altri leader mediorientali prenderebbero parte a una coalizione a protezione lo Stato ebraico in caso di attacco per vendicare il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, sostituito momentaneamente da Khaled Meshal, uno dei fondatori del movimento terroristico e chiamato a mettere ordine dell’organizzazione. Un altro indizio è arrivato anche dallo scontro diplomatico sulla bandiera a mezz’asta esposta all’ambasciata turca di Tel Aviv.
L’allarme riguarda tutta la regione. Perché all’attacco iraniano potrebbero partecipare tutte le milizie dell’Asse della resistenza. In primis Hezbollah, che dopo la morte di Fouad Shukr, deve dare una risposta. La milizia ha iniziato da giorni a muovere le sue forze, sia per nasconderle da droni e bombe israeliani, sia per renderle utilizzabili appena arriva l’ordine da Hassan Nasrallah e dal suo dominus a Teheran. Ieri, i media arabi hanno riferito che i combattenti filoiraniani hanno iniziato l’evacuazione anche del quartier generale di Beirut, svuotando la roccaforte della capitale libanese. Il timore di Hezbollah è che la controrisposta di Tel Aviv possa riguardare tutti i “santuari” della milizia. Non solo in quel sud del Libano dove ieri si è svolto il passaggio di consegne tra la Brigata Alpina “Taurinense” e la Brigata “Sassari” per il comando del Settore Ovest di Unifil. Anche ieri sono risuonate le sirene dell’allarme nel nord di Israele, e sono molti i governi che sconsigliano i viaggi nel Paese dei cedri o che chiedono ai propri cittadini di andare via. Stessa richiesta fatta dalla Francia ai suoi connazionali in Iran. «A causa dell'accresciuto rischio di un'escalation militare nella regione, i cittadini francesi ancora in Iran sono invitati ad andarsene il prima possibile», ha dichiarato Parigi. E molte compagnie aeree, tra cui Ita, Lufthansa, Air India e Swiss, hanno deciso lo stop ai voli per Tel Aviv.
I BOMBARDAMENTI
L’incendio rischia di propagarsi ovunque.