Iraq, soldati italiani, il governo non esclude il ritiro: «La sicurezza è la nostra priorità»

Iraq, soldati italiani, il governo non esclude il ritiro: «La sicurezza è la nostra priorità»
di Alberto Gentili
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Giovedì 9 Gennaio 2020, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 12:13

«La sicurezza dei nostri soldati è la priorità assoluta». Al risveglio, dopo la grandinata di razzi iraniani che la notte scorsa ha colpito la base di Erbil dove sono acquartierati circa 450 militari italiani e dopo un frenetico giro di telefonate tra il presidente Sergio Mattarella, il premier Giuseppe Conte e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, è questa la parola d'ordine del governo. Nessuna decisione è esclusa, insomma. Neppure il ritiro del contingente dall'Iraq.
Ufficialmente nessuno mette a verbale questa ipotesi. Anzi, la linea da comunicare ai media è opposta: «Non si valuta alcun ritiro, neanche parziale». Eppure, dopo il durissimo attacco dell'altra notte, il Quirinale, palazzo Chigi e la Difesa hanno deciso di non escludere un addio all'Iraq «se la situazione dovesse diventare insostenibile» e i nostri militari «diventassero un target vero e proprio» degli attacchi iraniani.
«Siccome la priorità è la sicurezza dei soldati in stanza in Iraq», spiega una fonte di altissimo rango che segue il dossier, «non possiamo dire: Non ci ritireremo mai. Tutto dipende da come evolverà la crisi. E' chiaro che se vi fosse un'intensificazione degli attacchi contro il nostro contingente e se dunque venissero meno condizioni accettabili di sicurezza, ne prenderemo atto e si valuterà il ritiro. Non ci impicchiamo ad alcuna posizione. Al momento, però, non abbiamo segnali in questo senso. Ora il punto è capire cosa faranno Teheran e Trump. Nel discorso alla Nazione, il presidente americano ha parlato perfino di pace. Vedremo...». Concetti più o meno illustrati in serata da Guerini al Tg1: «La missione militare in Iraq continua, certamente guardando alle condizioni di sicurezza dei nostri soldati, che devono essere massime».

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IL REPORT DOPO L'ATTACCO
In gioco c'è la vita di circa mille soldati, la gran parte dei quali ospitati proprio nella base di Erbil con il compito di addestrare i peshmerga curdi. Già durante l'attacco il ministro della Difesa ha seguito la situazione in contatto con Paolo Fortezza, il comandante del contingente in Iraq. Rassicurato sull'incolumità dei militari, a riparo nei bunker sotterranei («nessun militare è rimasto coinvolto e i mezzi e le infrastrutture non hanno subìto danni», ha fatto sapere lo Stato maggiore della Difesa), Guerini ha informato Conte. Da qui due comunicati. Il primo del ministro: «Seguiamo la situazione e le evoluzioni con la massima attenzione. La sicurezza e la difesa dei nostri militari è la priorità assoluta, a loro va la più stretta vicinanza, da parte mia e di tutte le istituzioni». Il secondo del premier: «In queste ore di tensione esprimo la mia sentita vicinanza a tutti i nostri soldati che svolgono con dedizione e professionalità la loro missione in Iraq e non solo. Faremo di tutto per tutelarli e per trovare soluzioni che impediscano una pericolosa spirale di conflittualità».
Non a caso, subito dopo, Guerini ha telefonato al suo omologo iracheno Al Shammari per ricevere le sue valutazioni sulla situazione e sugli attacchi della notte. E avvertire: «In questo momento è indispensabile agire con moderazione e prudenza. Ogni possibile soluzione sarà affrontata insieme alla coalizione, con un approccio flessibile, anche per non vanificare gli sforzi fino ad oggi profusi», ha detto il nostro ministro della Difesa ad Al Shammari. Dove la frase chiave è «approccio flessibile»: se la situazione dovesse precipitare verrà meno la volontà del governo italiano di restare in Iraq.

IL RUOLO DEL QUIRINALE
In campo anche Mattarella che dopo aver ricevuto Conte in tarda mattinata, si è detto «preoccupato per la sicurezza dei nostri soldati». E ha fatto sapere di essere «in stretto contatto con il governo», auspicando appunto «che non ci sia un'ulteriore escalation militare».
In più Conte, proprio su consiglio del Quirinale, vista la delicatezza della situazione ha deciso di coinvolgere l'opposizione (cosa che non è però piaciuta a Luigi Di Maio). E ha convocato per domani mattina a palazzo Chigi un vertice bipartisan tra capigruppo parlamentari «per discutere delle missioni militari nell'area mediorientale, dopo l'escalation in Iraq» e per fare il punto sulla crisi libica». «Durante l'incontro», viene spiegato, «il presidente del Consiglio svolgerà un informativa e cercherà di sollecitare un senso di responsabilità e un sostegno di tutto l'arco parlamentare ai nostri militari impegnati in Iraq, Libia e Libano».
Poi, dopo che da Berlino è rimbalzata le notizia che Angela Merkel valuta «un ritiro parziale» dei propri soldati presenti in Iraq «deciso insieme agli alleati» e che Spagna e Slovenia hanno seguito l'esempio tedesco, dalla Difesa e da palazzo Chigi è arrivato lo stop a qualsiasi ipotesi di disimpegno. Anche sullo teatro libico. Almeno per ora.

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