Il generale Mauro Del Vecchio: «Andare via da Iraq e Libano controproducente, non siamo noi il loro obiettivo»

Il generale Mauro Del Vecchio: «Andare via da Iraq e Libano controproducente, non siamo noi il loro obiettivo»
di Michela Allegri
4 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Gennaio 2020, 01:46 - Ultimo aggiornamento: 08:59

Nonostante la situazione critica degli ultimi giorni, ridurre o ritirare i contingenti italiani in Iraq e in Libano sarebbe controproducente. «È necessario tutelare i nostri militari e in un momento critico le azioni in questo senso sono già iniziate, ma il lavoro svolto dal contingente italiano è troppo prezioso» e deve proseguire. Ne è convinto il generale Mauro Del Vecchio, che ha guidato la Brigata Bersaglieri Garibaldi in Bosnia, Macedonia e Kosovo, ha comandato il Corpo d’Armata di Reazione Rapida Italiano della Nato e le forze Nato in Afghanistan, prima della nomina al vertice del Comando Operativo di Vertice Interforze e dell’elezione a senatore nelle fila del Pd, con incarico in commissione Difesa ricoperto fino al marzo 2013.

Iraq e Libano, pronto il piano per evacuare i soldati italiani

Libia, Conte raccoglie l'apertura di Haftar, ma non molla Serraj



Generale, ci sono rischi per i contingenti italiani in Iraq e in Libano?
«Indubbiamente le nostre unità nazionali sono impegnate in teatri delicati. Il Medio Oriente da sempre è soggetto a forti tensioni, dove ogni atto ha conseguenze spesso gravi. Ora i nostri uomini devono fare più attenzione e sono già stati presi provvedimenti: le attività sono state interrotte, in particolare quelle a favore dei curdi o delle forze libanesi. In questo momento è necessario evitare rischi per le persone, nella speranza che questo momento delicato si superi rapidamente. I provvedimenti di sicurezza che sono stati presi sono in linea con la situazione. Oltre alla sospensione degli addestramenti ci sono stati anche i trasferimenti dei contingenti in bunker e in aree protette».
 



L’altra notte sono state bombardate basi americane a Bagdad ma anche a Erbil, zona curda, dove ci sono contingenti italiani. Pensa che sia una casualità, o che ci fosse un’intenzione di colpire anche i nostri militari?
«Escludo che siano state colpite quelle aree perché c’erano i militari italiani. Lì ci sono importanti basi statunitensi, è stata una chiara reazione agli eventi del 3 gennaio, con l’uccisione di Soleimani. Penso che i contingenti italiani non fossero l’obiettivo».

Attacco Iran, il discorso di Trump alla nazione: «Danni minimi Teheran non avrà mai il nucleare»

Un’opzione per eliminare i rischi potrebbe essere quella di ridurre il contingente?
«La presenza di contingenti internazionali in queste aree è fondamentale e bisogna sottolineare che agli italiani è stata affidata l’importante funzione di ripristinare condizioni di maggiore vivibilità, con compiti di addestramento e di controllo delle aree a rischio. La presenza dei contingenti è importante per dimostrare la volontà della comunità internazionale di superare le difficoltà nelle zone critiche. Le forze italiane hanno dimostrato che anche in questi paesi è possibile operare in pace e concordia per eliminare, un domani, i contrasti. Ora serve un rapido ritorno alla serenità».

Quindi secondo lei il ritiro dei contingenti non è un’opzione contemplata?
«Sarebbe controproducente. Credo fermamente che quando si ritirino i contingenti prima di raggiungere un’accentuata forma di convivenza pacifica si torni indietro, le conseguenze sarebbero contrasti sempre più forti. Invece bisogna garantire la sicurezza delle forze nazionali, ma sempre ricordando che il loro ruolo è porre le premesse per una pace durevole ed eliminare situazioni di pericolosità».

In Libano, considerando il comando italiano della missione Unifil dell’Onu, i rischi possono essere più concreti?
«Unifil è una missione importantissima, da molti anni la comunità internazionale è in Libano mentre il comando è attribuito a un ufficiale italiano, che ha il compito di camminare progressivamente verso la pace coniugando le esigenze contrapposte delle comunità presenti. I pericoli ci sono sempre stati, abbiamo vissuto in questi anni una situazione molto critica anche in Iraq, con i contrasti tra etnie e la lotta all’Isis, mentre in Libano il livello di conflittualità è stato inferiore, ma si tratta di situazioni che vanno sempre mitigate. Dopo gli eventi del 3 gennaio ci potrebbero essere conseguenze, considerando la forte componente di Hezbollah e la dura reazione che c’è stata rispetto ai fatti. Ora è necessario che ci sia spazio per la politica, in modo da superare questi contrasti. La comunità internazionale ha ora il difficile compito di calmare la situazione per riportare i protagonisti alla pace e di fare comprendere che proseguendo su questa linea c’è il rischio di escalation che potrebbero svilupparsi con gravi conseguenze».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA