Houthi minacciano il commercio, nuove rotte dopo gli attacchi: danni ai porti italiani. E la Russia ne approfitta

Minacciati anche i mercantili che circumnavigano l’Africa

Houthi minacciano il commercio, nuove rotte dopo gli attacchi: danni ai porti italiani. E la Russia ne approfitta
di Marco Ventura
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Sabato 16 Marzo 2024, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 14:57

Gli Houthi non si arrendono, anzi rilanciano. Sparano missili e droni, e minacciano di farlo anche nell’Oceano Indiano fuori dall’area del Golfo, mettendo in pericolo la navigazione sulla rotta alternativa a quella del Mar Rosso verso il Mediterraneo. Abdul Malik al Houthi, leader delle milizie yemenite filoiraniane, ha minacciato che gli attacchi alle navi commerciali saranno estese a quelle israeliane nell’Oceano Indiano verso il Capo di Buona Speranza, che va doppiato per circumnavigare l’Africa. Rotta che fino a ieri sembrava sicura, anche se molto sconveniente perché triplica le distanze (e i costi). Come se non bastasse, filtra la notizia che gli Houthi, già accreditati di armi avanzate di fabbricazione iraniana e cinese, potrebbero disporre di missili ipersonici come quelli impiegati con successo dai russi nella guerra ucraina. Un bel rompicapo per la Marina italiana che ha la guida della missione Ue Aspides nel Mar Rosso, anche se gli Houthi sostengono che gli italiani «non sono nemici, non ci sono rischi per le navi italiane, non lo abbiamo detto né dichiarato, solo non vogliamo che l’Italia si faccia coinvolgere nelle guerre Usa per servire i massacri israeliani a Gaza».

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Per il momento, sembra in effetti che nelle ultime ore gli Houthi abbiano preso di mira unità commerciali in qualche modo legate a armatori israeliani.

Come la petroliera battente bandiera panamense ma di proprietà vietnamita “Pacific 01”, in precedenza della Eastern Pacific Shipping con base a Singapore, controllata dal miliardario israeliano Idan Ofer. Il Centro britannico per le operazioni del commercio marittimo ha riportato che la nave è stata colpita da un missile, presumibilmente targato Houthi, 140 km a ovest del porto yemenita di Hodeidah, origine prevalente degli assalti, in precedenza un altro cargo era stato bersagliato a 93 chilometri a sud-ovest. «La nave ha subito alcuni danni, l’equipaggio è sano e salvo», il primo dispaccio. Nessuna rivendicazione immediata ma tutti sanno che il dito sul grilletto è Houthi. Per la società di sicurezza britannica Ambrey, la nave era elencata come affiliata a Israele, anche se la proprietà era cambiata, forse non a caso, a febbraio. Si stava dirigendo da Singapore al Canale di Suez. Gli americani a loro volta sono intervenuti, distruggendo «nove missili balistici antinave e due droni» nei territori dello Yemen controllati dalle milizie filo-iraniane. I ribelli, che hanno designato le unità da guerra britanniche e americane come «bersagli legittimi», sostengono di avere colpito una nave da guerra americana. L’equipaggio di un altro cargo preso di mira avrebbe visto due missili sorvolare l’unità per poi tuffarsi in mare. A decidere che la guerra va estesa all’Oceano Indiano è stato il leader massimo in persona Abdelmalek al-Houthi. Ma il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ribadisce che l’Italia «non si fa intimidire».

GLI OSTAGGI 

Incerta la sorte dell’equipaggio e soprattutto del capitano della nave da carico Galaxy Leader, consegnati dagli Houthi direttamente a Hamas, alle Brigate al Qassam. La nave è di proprietà di una compagnia di navigazione del Giappone e della Ray Shipping, posseduta dall’uomo d’affari israeliano Abraham Ungar. Il punto è che dietro la propaganda Houthi anti-Israele e gli attacchi mirati a navi occidentali, oltre che israeliane, si consuma una guerra commerciale, perché invece i cargo russi e cinesi si muovono liberamente. E perché vari fogli internazionali economici documentano i vantaggi che la Russia ottiene dall’instabilità e dai trabocchetti nel Mar Rosso che di fatto bloccano le rotte marittime per i cargo occidentali che portano da oriente al Mediterraneo. O quanto meno rendono molto più costoso intraprendere la rotta alternativa. E adesso gli Houthi minacciano di creare scompiglio anche nella vastità dell’oceano. Il risultato è che la Russia sta potenziando tutto il traffico ferroviario che la collega a est alla Cina e a sud a Turchia e Iran, anche grazie alla costruzione di tratte di raccordo mancanti, come una fettuccia strategica di 100 miglia nell’Azerbaijan. Nei primi anni ’90, una linea ferroviaria per collegare Yerevan a Baku, l’Armenia all’Azerbaijan e di là alla Russia, era stata iniziata poi sospesa a causa della guerra nel Nagorno Karabakh, ora i lavori potrebbero riprendere. Inoltre, il disegno russo è quello di potenziare l’Alta Velocità, per esempio tra Mosca e San Pietroburgo, e assicurare trasporti su binario più rapidi verso i Paesi che hanno sostituito l’Occidente, col risultato di un formidabile boom dell’interscambio, come appunto con Cina, India e Turchia. Inoltre, la rete ferroviaria consente a Mosca di aggirare le sanzioni occidentali. E tutto questo ha un legame “sottomarino” con la vicenda degli improbabili miliziani Houthi. 

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