Guerra, l'ambasciatore Stefanini: «Solo in autunno Zelensky potrebbe accettare il cessate il fuoco. A Gedda nessun piano di pace»

Il consigliere diplomatico del presidente Giorgio Napolitano ed ex rappresentante dell’Italia alla Nato, dice di non aspettarsi dal meeting in Arabia Saudita un piano di pace

Guerra, l'ambasciatore Stefanini: «Solo in autunno Zelensky potrebbe accettare il cessate il fuoco. A Gedda nessun piano di pace»
di Marco Ventura
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Venerdì 4 Agosto 2023, 21:33

Qualsiasi proposta uscirà dall’incontro di Gedda, sarà molto difficile per Mosca ignorarla, fosse pure sulle esportazioni di grano come credo. Il presidente russo Vladimir Putin dovrà stare al gioco. Non sarà un incontro che la propaganda russa possa bollare come occidentale». L’ambasciatore Stefano Stefanini, consigliere diplomatico del presidente Giorgio Napolitano ed ex rappresentante dell’Italia alla Nato, dice di non aspettarsi dal meeting in Arabia Saudita, con una trentina di Paesi tra cui Cina e India e l’Ucraina senza la Russia, «un piano di pace o una road map verso la fine del conflitto. L’eterogeneità dei partecipanti rende complicato un piano concreto. Ma potrà certo scaturirne un segnale politicamente importante: una comunità mondiale darà ascolto all’Ucraina per trovare una via d’uscita dalla crisi. Gli assenti, come diceva Andreotti, hanno sempre torto… L’incontro si svolge in un Paese emergente che ha una posizione di neutralità, e presente la Cina che ha ribadito finora la sua amicizia senza limiti con la Russia».

Il capo-diplomazia russo, Lavrov, parla di forum con cui l’Occidente cerca di portare dalla propria parte il maggior numero di Stati…
«Si arrampica sugli specchi.

Da un lato cerca di squalificare l’iniziativa, gettandola nel calderone della congiura occidentale, dall’altro mantiene uno spiraglio quando dice che Mosca apprezza tutto ciò che mira alla pace. Se da Gedda usciranno proposte di de-escalation, per esempio sul grano, ed emergerà un minimo comun denominatore per una comunità che include i grandi Paesi, il risultato sarà notevole».

Chi ha più interesse a negoziare, Kiev o Mosca?
«La situazione sul campo vede entrambi i Paesi lontani dai loro obiettivi. La Russia vorrebbe l’intero Donetsk e Luhansk, mentre l’Ucraina vuol tornare ai confini internazionalmente riconosciuti. La mia impressione è che la Russia con il presidente Putin si stia preparando a una lunga guerra, avvalendosi del suo peso, della sua profondità strategica, e della capacità di colpire continuamente l’Ucraina a distanza. Gli ucraini sono riusciti a mandare solo qualche drone su Mosca: una valenza più simbolica che altro. Non hanno i mezzi e gli americani non vogliono portare la guerra in Russia: gli ucraini combattono con una mano legata dietro la schiena. Mosca, invece, può continuare all’infinito, utilizzando anche armi di ricatto come il grano. Una road map verso la pace metterebbe in difficoltà soprattutto Kiev».

A un certo punto dovrà esserci un cessate il fuoco?
«Il limite temporale è la fine della buona stagione, l’autunno. L’Ucraina potrebbe accettare un cessate il fuoco senza smettere di rivendicare i propri territori. A quel punto, si potrebbe offrire a Kiev l’ingresso nella Nato al vertice di Washington il prossimo anno, tutelandone la sicurezza nella fase transitoria. Nessuno può garantire all’Ucraina la vittoria finale del conflitto. Entro la fine del 2024, con la controffensiva arrivata al termine naturale, gli ucraini dovranno fare un bilancio di quanto avranno ottenuto. E fare i conti con la realtà sul campo di battaglia e le possibilità che restano».

I droni marittimi contro la flotta russa del Mar Nero che peso hanno?
«Strategicamente, un peso limitato. Danneggiare una nave non toglie alla Russia il controllo del Mar Nero. Ma i droni servono a tenere Mosca sul chi vive, a non dare nulla per scontato e dimostrare che gli ucraini, che in passato hanno affondato anche l’ammiraglia, hanno capacità offensive che i russi farebbero bene a non sottovalutare. Un valore di deterrenza psicologica».

Qual è ancora lo spazio per il leader turco, Erdogan, come mediatore?
«Può fare molto, per esempio su accordi settoriali come il grano, anche se forse il grano è un tema strategico, non settoriale. Lui e Putin continuano a definirsi amici. Dopo un paio di mosse fatte al vertice Nato di Vilnius, in Lituania, pur rimanendo eccentrico Erdogan si è riportato abbastanza nell’alveo Nato-occidentale: ha perso il cachet di negoziatore imparziale, ma resta uno dei pochi che parlino direttamente con Putin. E non aderendo alle sanzioni, la Turchia è uno dei rari canali di approvvigionamento “occidentale” di cui la Russia disponga. Se oggi vuoi andare a Mosca, devi prendere la Turkish Airlines a Istanbul… Putin continua ad avere bisogno di Erdogan».

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