Covid Gran Bretagna, nuovo picco casi a 36.807: morti risalgono a 691. Accelerazione su scia della variante

Covid Gran Bretagna, nuovo picco casi a 36.807: morti risalgono a 691. Accelerazione su scia della variante
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Martedì 22 Dicembre 2020, 19:07 - Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 07:24

Non migliora la situazione legata al Covid in Gran Bretagna. Nuovo picco di contagi giornalieri da Covid nel Regno Unito dopo l'allarme sulla diffusione della cosiddetta variante inglese del coronavirus: stando ai dati diffusi oggi dal governo, nelle ultime 24 ore censite se ne sono registrati 36.807, mentre i morti sono risaliti a 691, il numero quotidiano più alto da diversi giorni. Resta infine a livello da record europeo il totale dei tamponi eseguiti, pari a oltre 420.000 al giorno.

Gran Bretagna tra Covid e Brexit

Lunghe, ordinate code davanti ai supermercati, e scaffali già svuotati a fine mattinata: l'ansia da accaparramento torna ad attraversare il cammino maligno della pandemia nel Regno Unito, da due giorni isolato dal Vecchio Continente dopo la chiusura dei collegamenti merci con la Francia oltre che lo stop temporaneo ai voli passeggeri con gran parte del mondo.

Una solitudine che a meno di due settimane dall'atto definitivo della Brexit, l'uscita formale dal mercato unico e dall'unione doganale, accresce l'incertezza e acuisce l'inquietudine di chi, come Jennifer Barrett, ha trascorso la mattinata attendendo pazientemente il suo turno all'ingresso di un grande magazzino, composta come un'immagine da cartolina di un un'inglese in fila nonostante le ultime settimane di gravidanza.

Una corsa agli acquisti senza segnali di panico, almeno in quel pezzo di Londra che l'agenzia Ansa ha potuto osservare direttamente, forse anche grazie all'appello alla calma lanciato lunedì dal premier Boris Johnson, impegnato a esorcizzare le incognite del domani. «L'unica cosa che vorrei in questo momento sarebbe non trovarmi qui, con tutta questa gente - lo sfogo di Jennifer -. Non posso sapere chi ha cosa, e sto cercando di fare del mio meglio per tutelare la mia salute e quella del mio bambino. Quello che farò è prendere qualcosa, per poi tornare subito a casa». Perché a Londra il virus corre veloce: i nuovi casi sono aumentati del 50% in una sola settimana, costringendo le autorità ad un nuovo lockdown. «Questa mattina sono già stata in tre supermercati, - il racconto di Kate Black, studentessa di medicina - ho cominciato alle 7 da Sainsbury, quindi Aldi e poi Iceland», elenca citando marchi fra i più popolari della grande distribuzione made in Britain: «È assolutamente un delirio».

Ancor più per chi, come John Bopp, un expat statunitense, è rientrato nel Regno dopo una lunga assenza: «Il mio problema è che sono stato via per due mesi, sono rientrato solo ieri e la dispensa era completamente vuota. Ho provato a fare acquisti già ieri pomeriggio, ma non c'erano né latte né burro». Per via anche delle imminenti festività natalizie che hanno finito per saturare i negozi alimentari, gli unici aperti nella capitale dopo l'introduzione delle ultime misure restrittive. «Sono spaventato - ammette Mohammed Mudai, un autista di bus - perché non c'è grande attenzione al distanziamento. In coda stanno tutti troppo vicini. Ma è difficile controllare le persone». Malgrado circa il 25% del cibo consumato sulle tavole britanniche provenga dall'estero, e addirittura l'80% della verdura fresca sia d'importazione, Tim Rycroft, direttore dell'associazione di categoria Food and Drink Federation, conferma che - almeno nell'immediato - non ci sono in realtà rischi per le forniture di cibo e medicinali, come già assicurato ieri da Johnson: «Siamo tutti allarmati per il blocco del porto di Dover dopo la chiusura dei giorni scorsi della frontiera con la Francia. Stiamo già registrando ripercussioni nell'approvvigionamento alimentare, ma in effetti i consumatori possono stare tranquilli perché al momento le scorte ci sono e in abbondanza: a Natale i depositi sono pieni di cibo».

I dubbi, però, riguardano il futuro, l'ipotesi di un no deal commerciale post Brexit con l'Ue che l'avvicinarsi della scadenza dei negoziati e della transizione ormai agli sgoccioli il 31 dicembre fa aleggiare sempre più concretamente. Una prospettiva che esporrebbe la trincea doganale a un vero e proprio caos, quanto meno nell'immediato, fra dazi e controlli diffusi, e renderebbe ancor più dipendente il Regno dagli intoppi della rotta Calais-Dover: dove sono bastati un paio di giorni di stop a bloccare in queste ore migliaia di camion sullo sfondo di un traffico intenso già da settimane per l'incremento degli approvvigionamenti di generi essenziali d'importazione deciso a scanso di equivoci per fronteggiare se non altro le prime settimane di un eventuale taglio netto con Bruxelles.

Francios LaTour, titolare di un punto vendita di prodotti gourmet francesi a Chelsea, guarda da pare sua a questo potenziale scenario di rottura da un punto di vista più individuale: «Dopo la Brexit - argomenta - il rischio è che i miei formaggi vengano tassati al 30% in più. E chissà se la gente se li potrà ancora permettere, soprattutto dopo la botta dell'emergenza Covid».

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