Biden rischia un nuovo colpo alla sua popolarità per l’accordo con l’Iran sullo scambio di prigionieri che scongela anche 6 miliardi di dollari destinati al regime. Le relazioni diplomatiche tra Washington e Teheran si interruppero nel 1980, dopo l’assalto all’ambasciata Usa da parte di un gruppo di studenti, nel corso della rivoluzione iraniana, che presero in ostaggio 52 diplomatici. Nel 2015 ci fu un un’unica eccezione: l’accordo sul nucleare sul quale lavorò l’allora segretario di Stato John Kerry, stracciato poi da Donald Trump.
TENSIONE
Per questo motivo, l’intesa tra Usa e Iran sullo scambio di prigionieri (cinque americani e cinque iraniani) ha un valore storico, ma ha anche alimentato feroci critiche al presidente Joe Biden.
RITORNO
I cinque cittadini Usa, liberati dal regime, sono atterrati ieri poco prima delle 17 a Doha, nel Qatar. Chi sono? Uno è Siamak Namazi, 52 anni, uomo d’affari con cittadinanza americana e iraniana, che è rimasto rinchiuso nella terribile e feroce prigione di Evin, dal 2015 «per avere collaborato - secondo il regime - con un governo straniero». Al suo arrivo in Qatar ha detto: «La mia sincera gratitudine va al presidente Biden, che ha dovuto prendere alcune decisioni incredibilmente difficili. Grazie per aver messo la vita dei cittadini americani al di sopra della politica». Secondo Namazi tutto il mondo deve imporre sanzioni draconiane contro l’Iran, altrimenti altri cittadini, americani ma anche di altri paesi occidentali, rischieranno di essere rapiti. Un altro è l’ambientalista Morad Tahbaz, iraniano-americano, che ha anche cittadinanza britannica, arrestato per «contatti con il governo Usa». Liberato pure Emad Shargi, anche lui uomo d’affari, anche lui rinchiuso, insieme alla moglie, nella prigione di Evin dopo essere stato condannato a 10 anni per «spionaggio». Quando sono scesi dall’aereo i tre si sono abbracciati commossi. Altri due prigionieri liberati hanno invece chiesto di mantenere l’anonimato. I cinque iraniani rilasciati dagli Usa, nello scambio, sono Kaveh Lotfolah Afrasiabi (arrestato a Boston nel 2021 con l’accusa di «agire e cospirare come agente del governo iraniano»), Mehrdad Moein Ansari e Amin Hasanzadeh che hanno legami con le forze di sicurezza iraniane, Reza Sarhangpour-Kafrani e Kambiz Attar Kashani, accusati di aver violato le sanzioni. I fondi sono stati sbloccati da un conto in Corea del Sud e inviati su conti iraniani in Qatar, dopo un passaggio nelle banche svizzere. Teheran - in linea teorica - potrà usare quel denaro solo per finalità umanitarie.
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