Paolo e Debora, "cacciatori di fantasmi" del P.I.T.: «Così raccontiamo la nostra esperienza in un libro»

Paolo e Debora, "cacciatori di fantasmi" del P.I.T.: «Così raccontiamo la nostra esperienza in un libro»
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Lunedì 11 Novembre 2019, 21:24
Youtuber e cercatori di fantasmi, Paolo Dematteis e Debora Bedino, 33 e 32 anni, cuneesi, fondatori del PIT (Paranormal Investigation Team), sono alla caccia soprattutto di emozioni, di "belle emozioni" (che "si sentono e non si vedono"), attraverso l'individuazione di "entità". E ora queste "entità" intendono farle venir fuori anche al Sud, a partire da Napoli. Perchè Napoli e molte aree del Meridione d'Italia sono ricche di storie da raccontare in una dimensione paranormale come quella che vorrebbero affrontare per mettersi in contatto con l'entità di Dracula che potrebbe essere presente nel chiostro di Santa Maria La Nova (l'ipotesi, come è noto, è che la tomba del conte Vlad possa essere lì, nel cuore del centro antico della città).

Spiegano, in occasione di un "firmacopie" alla Mondadori di Piazza Vanvitelli del loro primo libro "La casa del
pazzo" (Sperling & Kupfer), che i primi a essere scettici sono proprio loro: «Noi cerchiamo qualcosa partendo da storie, segnalazioni, racconti popolari. Intendiamo verificare le ipotesi e le voci con metodo e utilizzando diversi strumenti come il rilevatore di variazioni di campi elettromagnetici, 'M1', e lo scansionatore di onde radio, il 'Black Box', apparecchio che ha anche la funzione di data base di suoni fonetici».

Scetticismo («vale sempre il vecchio adagio bisogna aver paura dei vivi non dei mortì») ma anche paura? «Certo, e tanta» dice Debora come quella che ha avuto nella vicenda ricostruita nel libro. Una vicenda, spiegano, che disvela una storia triste, drammatica: «Matteo, questo il nome della persona che si è messa
in contatto con noi, è stato vittima di un pregiudizio: vide cose durante il servizio militare che non avrebbe dovuto vedere». Siamo nel periodo della Seconda guerra mondiale. «Fu internato in manicomio insieme con la sua famiglia e solo lui, poi, fece ritorno nella sua casa, la "Casa del Pazzo".

Il team - oltre a Paolo e Debora, i cameramen Giacomo e Marco ed il fotografo Simone - ha seguito le tracce di Matteo in varie località del Piemonte e alla fine ha scoperto verità inconfessabili. «Ci sono storie terribili che esigono di essere raccontate fino in fondo, non importa quanto tempo sia passato».

Ed ecco la vicenda che ruota introno ad una casa abbandonata vicino al cimitero dove, si mormora in paese, viveva un pazzo che odiava i bambini. Sono passati anni dalla sua morte, quasi nessuno ricorda più quell'uomo, ma chi osa entrare sente ancora qualcuno che fischia e viene scacciato a sassate. Eppure l'abitazione è vuota. Nel 2018 Paolo e Debora ricevono una segnalazione e decidono di investigare. Così prende il via "La casa del pazzo", una delle indagini più torbide e terrificanti del Pit (il team ha collaborato anche con la trasmissione Mistero e l'omonima rivista) e che ha tenuto a lungo i fan con il fiato sospeso, perché nulla era come
sembrava. Neanche la conclusione.

Paolo e Debora, infatti, avvertivano che qualcosa stava sfuggendo e hanno portato avanti un'ulteriore ricerca,
affiancati dal loro team, perlustrando caserme abbandonate, ruderi, vecchie chiese e manicomi per scoprire l'agghiacciante rivelazione finale. In "La casa del pazzo" ripercorrono l'intera storia, svelano particolari inediti, forniscono foto, testimonianze e prove inoppugnabili, e raccontano l'ultimo, angosciante segreto. Quello che teneva un'oscura presenza legata alla casa, incapace di trovare riposo. Un sorta di inchiesta giornalistica con tratti da romanzo.
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