Trova vecchi buoni postali, le promettono 45.000 euro ma finisce con una denuncia. Il caso a Latina

L'associazione diffonde ai giornali i dati sensibili dell'anziana signora di Latina. La figlia denuncia tutto in Questura

Trova vecchi buoni postali, le promettono 45.000 euro ma finisce con una denuncia
di Fabrizio Scarfò
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Venerdì 22 Marzo 2024, 10:50 - Ultimo aggiornamento: 11:07

Ieri mattina nelle redazioni di Latina è arrivata una e-mail dall'associazione GiustItalia, un'organizzazione di consumatori finita ormai da tempo al centro delle polemiche per aver portato alla ribalta delle cronache locali e nazionali storie di ritrovamenti di ingenti somme di denaro in vecchie lire. Protagonisti di queste vicende sono per lo più anziani che scoprono, all'interno di soffitte o vecchi armadi, titoli "antichi" come libretti di risparmio e buoni postali fruttiferi, oltre a banconote del vecchio conio. A quel punto un controllo sul web e la scoperta di una associazione che promette rimborsi mirabolanti. Nasce così anche questa storia con i familiari che si informano per capire come ottenere il rimborso. E puntualmente si ritrovano protagonisti loro malgrado, con l'associazione che racconta l'accaduto ai giornali per farsi pubblicità, malgrado la questione cambio lira/euro sia stata già stabilita da una sentenza che spiega chiaramente che, a meno di aver presentato la richiesta di cambio in uno specifico periodo di tempo risalente a ormai dieci anni fa, non esiste modo di cambiare quei valori. Stesso discorso per i buoni fruttiferi postali che si prescrivono a favore dell'emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza. Capitale e interessi vanno persi. Ma la famiglia di Latina non lo sapeva e l'associazione non glielo ha detto.

La vicenda

La vicenda della pensionata residente in città è stata proposta così ai giornali: i buoni sono stati trovati «in una vecchia e pregiata edizione dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, custoditi tra le pagine del libro, due buoni postali del valore nominale ciascuno di lire 1000, emessi nel 1951».
I titoli, secondo un consulente dell'associazione, valgono «un rimborso, con il favore degli interessi legali, della rivalutazione e della capitalizzazione, dalla data di emissione a quella del ritrovamento, di una cifra pari a circa 45mila euro».

L'e-mail concludeva poi spiegando che la donna aveva «conferito mandato ai legali dell'associazione «al fine del recupero della somma presso Poste italiane ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze».

La legge

A sorprendere, più che la storia del fortunato ritrovamento che così fortunato non è, dato che la legge impedisce chiaramente il rimborso dei titoli è stata la documentazione allegata alla e-mail. Nome, cognome ed età della donna, perfino la foto fronte-retro del suo documento d'identità, il codice fiscale e la via di residenza, con tanto di indirizzo e interno del palazzo. Una serie di dati sensibili che l'associazione ha allegato come «documentazione completa della pratica (con autorizzazione alla pubblicazione della vicenda)» come per dire ai giornali: vedete che è tutto vero?.
Troppo per non insospettirsi. «Purtroppo al giorno d'oggi gli anziani sono sempre meno al sicuro e costretti a stare perennemente all'erta, visto il numero di male intenzionati che ci sono in giro» ci ha spiegato una donna che si occupa della sua salute. A quel punto abbiamo contattato la figlia, che a sua volta ci stava cercando per spiegarci quanto accaduto e l'intenzione di andare in questura per «denunciare tutto».

È stata quest'ultima a spiegarci come si è sviluppata l'intera vicenda: «Quando mia madre ha ritrovato i due buoni postali siamo stati noi a rivolgerci allo studio legale. La documentazione che i giornali hanno ricevuto dall'associazione, tra cui la sua carta d'identità e l'indirizzo di residenza, era stata inviata da noi insieme ai due buoni solamente per metterli al corrente di quanto accaduto, e capire se la via del rimborso era percorribile. Mai avremmo pensato che avrebbero divulgato tutto alle redazioni». La donna, infatti, spiega che «dopo aver ricevuto i documenti e i due buoni ci avevano chiesto del denaro: da allora non c'erano stati più contatti fino a stamattina (ieri), quando all'improvviso mi hanno telefonato per avere una fotografia di mia madre. Al che io mi sono insospettita e, dopo aver scoperto che i suoi dati erano stati inviati ai giornali, mi è stato risposto che la sua pratica era adesso "in lavorazione". «Si tratta di un'evidente violazione della privacy» ha chiosato la donna, che ha raggiunto la questura di Latina per denunciare alla polizia lo spiacevole episodio.
 

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