Clan Di Silvio, c'è un altro pentito: Agostino Riccardo

Agostino Riccardo
di Elena Ganelli
2 Minuti di Lettura
Giovedì 19 Luglio 2018, 10:39 - Ultimo aggiornamento: 17:29
LATINA - C'è un altro pentito eccellente nell'inchiesta Alba Pontina che da poco più di una settimana sta raccontando agli investigatori come funzionava l'organizzazione del clan Di Silvio sgominata il 12 giugno scorso in un'operazione della Squadra mobile della Questura di Latina, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, che ha portato all'arresto di 25 persone, appartenenti o riconducibili al gruppo rom, accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, spaccio, estorsioni, favoreggiamento, violenza privata, riciclaggio, corruzione elettorale, intestazione fittizia di beni. Si tratta di Agostino Riccardo, personaggio di primo piano del gruppo criminale e braccio destro del capo clan Armando Lallà Di Silvio, che ha deciso di collaborare con i magistrati così come aveva fatto oltre un anno fa Renato Pugliese contribuendo a ricostruire ruoli e meccanismi dell'organizzazione. Le prime dichiarazioni di Riccardo al sostituto procuratore della Dda Barbara Zuin sono del 10 luglio scorso e poi ancora del giorno successivo e sono tuttora in corso di acquisizione da parte del magistrato. Ma le prime conseguenze si sono già viste perché nell'udienza di venerdì scorso davanti al Tribunale del Riesame chiamato a discutere il ricorso di due imputati con posizioni secondarie - Daniele Coppi e Antonio Fusco - il pm ha depositato atti di integrazione di indagine rappresentati proprio dai verbali delle dichiarazioni di Riccardo contestando anche ai due imputati l'associazione di stampo mafioso. In un centinaio di pagine, piene di omissis, quello che era uno degli uomini di fiducia di Lallà racconta il clan e spara a zero contro tutti, soprattutto Armando Di Silvio e i suoi figli Ferdinando Pupetto, Gianluca e Samuele. Descrive le modalità con le quali operava, svela particolari ritenuti dagli investigatori fondamentali per un'inchiesta che, evidentemente, è tutt'altro che chiusa. Riccardo ha fornito soprattutto indicazioni utili per individuare l'arsenale del gruppo criminale, mai trovato, svelando alcuni possibili nascondigli delle armi. E non appaiono certo casuali le perquisizioni effettuate nei giorni scorsi dagli uomini della Squadra mobile nell'abitazione di Lallà a Campo Boario e poi a casa di Patrizia Caschera, agente della polizia penitenziaria, dove sono state trovate quattro pistole perfettamente funzionanti e munizioni, armi che secondo gli investigatori la donna custodiva per conto di un gruppo criminale del capoluogo. Il neo collaboratore di giustizia è un fiume in piena nel ricostruire il consolidato sistema delle estorsioni del quale peraltro lui era uno dei principali protagonisti. Le dichiarazioni dell'uomo di fiducia del capo clan potrebbero aprire nuovi squarci sul funzionamento dell'organizzazione, il primo gruppo criminale a livello locale al quale viene riconosciuta la classificazione di associazione mafiosa con propria struttura. E se già ora per alcuni indagati minori si prospetta l'ipotesi di nuove imputazioni ulteriori novità potrebbero emergere questa mattina nel corso dell'udienza del Tribunale del Riesame di Roma dove si discute il ricorso presentato dai legali di Armando Di Silvio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA