Anche comprare il pane è diventato un lusso. L'aumento delle utenze, per le attività che non possono in nessun modo limitare i consumi, ricade per forza di cose sui clienti che si trovano a dover scegliere se comprare un filone di pane o un chilo di zucchine. La situazione per le panetterie di Latina viene descritta dai gestori delle attività come disastrosa: bollette raddoppiate o triplicate, taglio del personale e aumento dei prezzi fino al 40%.
«Il nostro negozio racconta la titolare della panetteria Russo del quartiere Nascosa di Latina è chiuso quattro ore: due dopo pranzo e due dopo cena. Il resto del tempo è sempre aperto, giorno e notte, per la produzione del pane e per la vendita. Le lascio immaginare quanto per noi hanno inciso gli aumenti delle bollette: siamo passati da 2mila euro a 8mila euro al mese». È chiaro che in queste condizioni restare in piedi diventa davvero difficile.
«Per evitare che ci stacchino la luce stiamo utilizzando i piccoli risparmi che avevamo da parte per la pensione. I soli incassi non bastano per sostenere delle spese così alte, siamo anche stati costretti a mandare via due dipendenti e ad affidarci a lavoratori a chiamata». La titolare, per quanto sia difficile il periodo, non intende cambiare il modo di lavorare. «Non tutti lavorano come noi, alcuni panifici si chiamano così ma in realtà comprano prodotti precotti e surgelati. Noi siamo tradizionali, vogliamo che venga fuori un prodotto firmato. Purtroppo, però, per fare il pane ci vuole acqua, farina e corrente e sono tre cose che oggi costano». Per il panificio Russo, chiaramente, è stato necessario «un ritocchino verso l'alto dei prezzi: 20-30 centesimi al chilo». Che su un prodotto il cui costo è 1 euro al chilo è un aumento rilevante.
Ma è la strada che stanno seguendo tutti, pur di restare a galla.
Il Forno Buon Gusto di viale Paganini, invece, è riuscito a resistere e a lavorare con lo stesso personale di prima, ma patisce come gli altri i costi delle utenze aumentati. «Gli aumenti sono iniziati da un anno a questa parte e poco alla volta siamo arrivati ai prezzi di adesso. Non parliamo solo di utenze, ma anche di prodotti: l'olio da friggere che costava 1,90 euro ora costa 2,5 euro. Stiamo tentando di risparmiare come possibile, ad esempio con l'illuminazione a led o facendo scorte dei prodotti come il pomodoro. Ma il disagio è grande e il potere di acquisto è diminuito: le attività accanto a noi hanno chiuso e con loro meno persone frequentano la zona. Siamo sempre stati uno dei punti vendita con i prezzi più bassi, ma negli ultimi due mesi abbiamo dovuto aumentare del 40% i costi di rosette, bignè, conchiglie, pane casereccio e altro. Tutti i prodotti per cui il consumo di gas è notevole. Abbiamo, però, salvaguardato tutti i posti di lavoro e questo ci rende orgogliosi».