Bisogna tornare al 6 maggio dello scorso anno. Il giorno dopo Pietro, il fratello più grande di Aleandro, avrebbe fatto la Cresima. In casa c'erano il bambino di 7 anni, il fratellino Riccardo di 5 e il papà. Oltre a una pallina che non voleva saperne di smettere di rimbalzare. È per inseguire quella «e per non far rompere un vaso» - racconta - che Aleandro cade e batte violentemente la testa. Il padre realizza in un attimo, prende l'auto e vola verso il pronto soccorso. Aleandro ha perso i sensi, poi ha una crisi convulsiva, bisogna agire immediatamente. Tecnicamente è un ematoma sottodurale emisferico sinistro, praticamente l'ospedale di Latina non è attrezzato per interventi pediatrici, non ha una rianimazione dedicata. Ma si deve fare presto e bene.
Il medico di pronto soccorso Paolo Nucera e le neurochirurghe Mariella Aloisi e Genoveffa Piragine si consultano, sentono anche il Bambino Gesù ma se parte rischia di arrivare con funzioni vitali compromesse. Si interviene. Aleandro non ricorda nulla, ma mamma e papà sì: «Ore interminabili, quando siamo arrivati a Roma ci hanno detto che a Latina avevano compiuto un miracolo». L'équipe - allora diretta da Carmine Franco - si era assunta una grande responsabilità, ma se non l'avesse fatto oggi il bambino non sarebbe qui. «Dobbiamo ringraziare loro e i medici di Roma - spiegano i genitori - tutti impagabili».
In mezzo, tanta solidarietà e una maglia con le firme dei giocatori del Napoli, la squadra del cuore del bambino. Aleandro ha avuto a lungo un drenaggio, oggi «aspetto l'ok per giocare a calcio, io sono pronto». Inizialmente dovrà indossare un casco particolare, poi lo toglierà e in quel momento la caduta in casa sarà solo un brutto ricordo. Soprattutto per mamma e papà. Lui se la ride...
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