«In questo momento voglio solo due cose: che mia figlia torni da me, perché non sopporto la sua mancanza. E poi chiedo giustizia: chi ha fatto tutto questo male paghi le sue colpe e non resti impunito». Adriana (nome di fantasia che per ovvi motivi di tutela della riservatezza daremo ad una delle cuginette abusate al Parco Verde di Caivano) è distrutta. Nella sua casa si susseguono le visite di parenti e amici più stretti, ma lei non ha voglia di vedere nessuno. In queste ore le restano accanto il marito e i due figli maschi. In mattinata ha incontrato anche l’avvocato Angelo Pisani, che l’assiste nei risvolti giudiziari del caso.
«Come può stare? - risponde asciugandosi gli occhi con un fazzolettino di carta - Sono sicura, starà peggio di me, e io mi sento di morire, la rivoglio vicino a me. Pur sapendo i rischi che si corrono vivendo qui, in questo ambiente, non avrei mai potuto immaginare che fosse potuto succedere questo, che si fosse arrivati a tanto, che qualcuno potesse riuscire ad aggredirla fin sotto casa».
«Lei è la mia vita. Da parte mia non è mai mancata alcuna attenzione, ho sempre avuto lo scrupolo anche di controllare le sue amicizie, e persino il modo di vestirsi, quando usciva».
«Dopo l’intervento del fratello, piangendo ci ha raccontato tutto quello che abbiamo denunciato per chiedere aiuto e giustizia. Non voglio dire altro».
«Devono essere puniti tutti. Una cosa è certa: io non riesco più a sopportare l’idea di dover continuare a vivere in questo posto. Qui c’è un inferno, e serve solo tanta luce».
«Sì, tanta. Infatti non appena ho realizzato quello che era successo con mio marito ci siamo rivolti alla legge. Abbiamo sempre avuto fiducia nelle istituzioni, che però qui al Parco Verde come politica sono sempre stati assenti».
«Vorrei poterli guardare dritti negli occhi per vedere se hanno il coraggio di affrontare me; vorrei dire loro: “Guardatevi allo specchio e accorgetevi di quanto fate schifo e quanto siete vigliacchi”. Adesso però mi auguro solo una cosa: che vengano fermati e che siano puniti come meritano, perché fino a quando resteranno in giro impuniti continueranno ad essere una minaccia e potranno far male ad altri bambini».
«Non so come perdonarli. No, non riesco nemmeno a pensarci in questo momento. Ecco perché spero che possano pentirsi e che paghino, anche per evitare che altri facciano come loro».
«Innanzitutto andare via da questo schifoso inferno che non lascia via di scampo a nessuno».
«Noi, io e mio marito con i miei altri due figli non abbiamo colpe. In questo degrado umano e sociale abbiamo fatto sempre il possibile per il bene di mia figlia, queste sono accuse che non meritiamo».
«Io devo andare via: per il bene e futuro di mia figlia e per la nostra famiglia. E lo farò. Ma per evitare che si ripetano tali orrori tutti dovrebbero andar via di qui».