Pizza e ragù a rischio, la crisi della produzione di pomodori spaventa anche l’Italia

Cambiamenti climatici, guerra e boom di domanda travolgono i mercati nazionali

Pizza e ragù a rischio, la crisi della produzione di pomodori spaventa anche l’Italia
di Giampiero Valenza
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Martedì 7 Marzo 2023, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 09:58

Per un piatto di spaghetti all’arrabbiata, quello con il sugo di pomodoro un po’ piccante, a buon diritto ci si può arrabbiare davvero. E altrettanto capita per una pizza, per il ragù e per un’amatriciana: per farle in casa ora si spende molto ma molto di più. Un po’ perché il conflitto tra Russia e Ucraina ha fatto rivedere al rialzo i prezzi del grano (e quindi, di farine e pasta), un po’ perché al supermercato ci sono meno pomodori in circolazione. 

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COSA STA SUCCEDENDO

Nelle scorse settimane un clima insolitamente freddo nel Nord Africa ha ridotto le produzioni di pomodori che erano già state colpite da periodi di caldo e siccità.

Le tempeste nello specchio di mare tra Marocco e Spagna hanno poi rallentato le consegne. In aggiunta a ciò, il governo del Paese del Maghreb ha deciso per una sospensione delle esportazioni per evitare che i marocchini potessero pagare il prezzo di scaffali vuoti di un prodotto che loro stessi coltivano in quantità. Nel Regno Unito alcune catene della grande distribuzione hanno scelto così di razionare la vendita dei prodotti, tanto che la ministra dell’Agricoltura Therese Coffey aveva invitato i sudditi di re Carlo a mangiare, in sostituzione, le più autoctone rape. 

In Italia il razionamento non c’è, ma di ciliegini e datterini d’importazione se ne trovano meno e i prezzi sono ormai alle stelle. «Il Marocco ha deciso di contingentare le esportazioni dei pomodori e così registriamo un calo del prodotto importato. Succede anche per i pomodori che transitano attraverso la Spagna - spiega Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati, la rete che riunisce i mercati italiani all’ingrosso - L’Italia ancora oggi resiste grazie ai pomodori che vengono dalla Sicilia, ma in alcune città come Napoli, Padova e Bergamo la presenza dei ciliegini ai banchi dell’ortofrutta comincia a scarseggiare. Anche a Roma si segnala un calo della disponibilità del prodotto, ma comunque la crisi sembra più contenuta. In tutto il Paese si registra un aumento dei prezzi di tutte le qualità dei pomodori di almeno il 30% rispetto alle medie del periodo». I cambiamenti climatici stanno colpendo duramente il mercato ortofrutticolo italiano. E le previsioni che fa Italmercati non sono rosee. «Con la primavera potremmo avere una produzione notevole di pomodori che permetterà di risolvere temporaneamente il problema per questa stagione - prosegue Pallottini - Rimane invece un tema più generale legato all’impatto che gli effetti dei cambiamenti climatici hanno sulla produzione degli ortaggi e sulla disponibilità dei prodotti. Di sicuro dovremmo abituarci di più ai sensibili andamenti dei prezzi, con oscillazioni importanti durante l’arco dell’anno». Il clima non è però l’unico fattore che sta stressando i campi italiani. C’è anche la domanda dei consumatori che sta spingendo i produttori a presentare sui mercati frutta e verdura fuori stagione. «Le richieste che giungono nelle tavole dei ristoranti stanno condizionando l’andamento della filiera - conclude Pallottini – Davanti a una domanda di melanzane e peperoni annuale ormai costante, il settore non riesce più, ovviamente, a garantire quella stagionalità dei prodotti che è in linea con le esigenze del territorio e dell’ambiente».

I PRIMI

Non c’è solo il rincaro sul condimento a condizionare l’amatriciana delle famiglie italiane. Anche la pasta costa di più a causa della guerra tra Kiev e Mosca. Secondo un’analisi di Assoutenti a febbraio di quest’anno il prezzo al chilo è cresciuto del 19,7% rispetto ai dodici mesi dell’anno precedente. Cagliari ha il record di quella più costosa dell’intero Paese (con una media di 2,32 euro al chilo), seguita da Ancona e Udine (2,23 euro). Tra le province che hanno avuto gli aumenti maggiori (rispetto a gennaio 2022), Modena e Bologna (+34,2% e +33,7%). La pasta più conveniente da comprare è a Palermo (1,46 euro al chilo), seguita da Siracusa e Cosenza. «I consumatori italiani hanno pagato e continuano a pagare il conto di un conflitto che ha rivoluzionato i listini del comparto alimentare, con i prezzi che una volta saluti difficilmente torneranno ai livelli pre-guerra», commenta Furio Truzzi, presidente di Assoutenti. Vietata dal galateo, pure la scarpetta ora ha prezzi proibitivi: il pane fresco più salato ora è venduto a Bolzano (6,21 euro al chilo) e a Venezia (5,91). La meno cara è Napoli (2,18 euro al chilo): una differenza del 185% rispetto all’Alto Adige.

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