Non hanno ucciso per soldi e nemmeno mossi dall’odio. Bensì per «gratificare l’ego del gruppo e celebrare adeguatamente la loro coesione». E così hanno messo a punto «un piano cervellotico, a cui le serie tv hanno offerto una forte componente di imitazione e ispirazione». La Corte d’Assise di Brescia, nelle 98 pagine di motivazione della sentenza, ricostruisce azioni e pensieri del «trio criminale» che nella notte tra il 7 e l’8 maggio 2021 ha ucciso e sepolto nei pressi del fiume Oglio Laura Ziliani, 55 anni, ex vigilessa di Temù. Le figlie Silvia, 29 anni, e Paola Zani, ventunenne, sono state condannate all’ergastolo con Mirto Milani, 27 anni. Un gruppetto simbiotico, reciprocamente legato da rapporti affettivi, sgangherato, perfettamente capace di intendere e di volere, che per suggellare la propria unione ha prima avvelenato e poi soffocato la vittima prescelta. «Un’entità unica e indivisibile, una sorta di trinità».
Copione parodistico
Ma, in quanto simbolica, l’esecuzione doveva avere caratteristiche fortemente evocative. E allora, «troppo banale» gettare Laura Ziliani da un dirupo o fingere un incidente durante una delle sue escursioni, anche perché il marito e padre delle giovani era morto proprio in montagna e questo «poteva ingenerare sospetti su di loro», rileva la Corte. «L’omicidio in sé considerato non costituiva ai loro occhi un progetto abbastanza ambizioso e accattivante per poter celebrare adeguatamente la loro coesione». Dunque hanno tratto ispirazione dalle serie televisive di cui sono grandi appassionati, in un miscuglio di tecniche e idee sfociato in un progetto «grottesco». Si è assistito, osservano i giudici, «a una recita di un copione per molti versi stucchevole e parodistico, ove sono confluiti piante venefiche ed alambicchi, pastiglie ustionanti, citotossine in uso al Kgb, intercettazioni domestiche, video artigianali, depistaggi grossolani; codici cifrati, disperazioni artefatte, simulati tentativi di suicidio in luoghi scenografici, poliamori e fratture sentimentali, discolpe ed accuse, messaggi subliminali. “Puffi alla riscossa” e i gatti “Buba” e ‘Monocolo”».
Breaking Bad e Dexter
Hanno scelto Laura poiché era la persona più vicina, non per la sua disponibilità economica (era proprietaria di svariati appartamenti a Brescia) o per i rapporti sempre più tesi tra loro. L’ex vigilessa era «un capro espiatorio e la vittima sacrificale di un abominio consumato in spregio al divieto ancestrale di versare sangue all’interno della propria stirpe».
Il ruolo della madre
Nelle motivazioni c’è anche una rivalutazione della figura della madre di Mirto Milani, «l’unica persona che ha mostrato un reale interesse per certi versi spasmodico per il patrimonio della defunta Laura Ziliani. Il ruolo debordante da convitato di pietra assunto dalla donna può avvalorare il sospetto che il figlio l’abbia messa sin da subito a conoscenza dell’omicidio, come parrebbe comprovato nei messaggi inviati dall’imputato dal carcere allo scopo di depistare le indagini, nonché delle cautele adottate dai due per impedire la captazione delle loro conversazioni». Sin dalla scomparsa della consuocera, sottolinea il presidente Spanò, «si era precipitata a Temù per riscuotere crediti, stipendi e liquidazioni spettanti alla vittima, nella convinzione o speranza che questa non tornasse». E anche il padre di Mirto «si è recato subito a Temù e si è installato con la moglie nella casa del delitto, dormendo nel letto della persona offesa».