Da un lato la lotta ai trafficanti di uomini. Dall’altro, i corridoi umanitari e i flussi europei per sottrarre i migranti alla tratta e ai viaggi della speranza. Si gioca in Ue la partita chiave del governo italiano sul fronte migratorio. Ed è un gioco di squadra. Spagna, Grecia, Malta, Cipro. Con i Med5, i Paesi dell’Europa mediterranea, l’Italia preme per un piano di immigrazione legale da scrivere a Bruxelles. C’è una data da segnare in rosso: giovedì 9 marzo, dopo il doppio passaggio in Parlamento, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sarà nella capitale belga per il Consiglio Giustizia e Affari interni (Gai) dell’Ue. Qui si capiranno i margini per dare vita a un “decreto flussi” comunitario. Attenzione: non un vero atto normativo, bensì un’iniziativa su più fronti. Il primo: aumentare i fondi della Commissione Ue per i ricollocamenti e la protezione umanitaria. A novembre dello scorso anno, l’organo guidato da Ursula von der Leyen ha impegnato per il prossimo triennio, 2023-2025, 480 milioni di euro. È questa la base su cui si tratterà, per alzare la posta. Fondi legati agli impegni presi dai Paesi membri sui ricollocamenti. Italia inclusa: per il 2023, ha accettato di farsi carico di 500 ricollocamenti e 850 domande di protezione umanitaria.
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LA TRATTATIVA
È una battaglia, la costruzione di corridoi legali europei, che vede impegnato da tempo il governo Meloni. Così come la richiesta di «urgenti stanziamenti finanziari straordinari per i Paesi di origine e transito», per citare la recente lettera della premier alla Commissione che ha trovato aperture a Palazzo Berlaymont. Stanziare fondi europei per gestire in loco, prima della traversata in mare, le domande di asilo e protezione, questa la roadmap che piace a Palazzo Chigi. In cima alla lista c’è la Tunisia, che attende un nuovo finanziamento della Commissione Ue. Ma non solo: tra i diplomatici europei si lavora infatti per ampliare la lista di Paesi terzi ritenuti “sicuri” e dunque “arruolabili” allo scopo. Come l’Egitto, o il Niger, il Paese africano al centro degli interessi italiani che già ospita un centro dell’Unhcr per l’analisi delle domande di asilo, ad Agadez.
Il secondo fronte, dunque: portare in Europa migranti regolari per lavorare.
IL NODO RIMPATRI
Infine, il terzo fronte dell’iniziativa Ue: i rimpatri. A un accesso al mercato europeo per Paesi in via di sviluppo deve corrispondere un impegno formale per controllare i flussi migratori, è la convinzione italiana e dei Paesi della fascia mediterranea, ma non solo. Lo scorso dicembre, gli ambasciatori degli Stati membri Ue hanno approvato il mandato negoziale del Consiglio Ue sul regolamento relativo al sistema di preferenze generalizzate (Sgp). Una norma che prevede importanti esenzioni tariffarie negli scambi commerciali con Paesi in via di sviluppo che rispondano a stringenti requisiti, come il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. Alla lista, si vuole ora aggiungere una nuova clausola: l’impegno a riprendere i migranti cui è stato negato l’asilo in Ue. Trattative in corso tra Commissione, Consiglio e Parlamento Ue.
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