Genitore assilla i figli, la Cassazione: «E' uno stalker». E dovrà pagare 20 mila euro

Genitore assilla i figli, la Cassazione: «E' uno stalker». E dovrà pagare 20 mila euro
di Michela Allegri
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Lunedì 8 Febbraio 2021, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 09:44

Si presentava senza invito e senza preavviso, mettendo in forte imbarazzo la figlia di fronte agli amici, ai compagni di classe, ai professori. Secondo i magistrati, in questo modo avrebbe procurato alla ragazzina uno stato di ansia e di angoscia. Un atteggiamento persecutorio che, per la Cassazione, ha un nome: stalking. Per questo motivo i supremi giudici hanno confermato la condanna per atti persecutori nei confronti di un padre separato che per anni avrebbe assillato la figlia, con la quale aveva un rapporto molto conflittuale. A nulla sono valse le giustificazioni del genitore, che ha spiegato in aula di non avere mai voluto creare ansia alla giovane - all'epoca minorenne -, ma di avere cercato di svolgere la sua funzione di padre e di ricucire il rapporto con la ragazza. Per i magistrati, però, lo avrebbe fatto con atteggiamenti troppo assillanti, senza rispettare la vita e la volontà della figlia.

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IL RISARCIMENTO
La Cassazione ha così confermato la decisione di secondo grado che, tra l'altro, condannava il genitore a pagare un risarcimento da 20mila euro.

L'uomo si era opposto alla sentenza contestando i contenuti delle deposizioni della figlia e della madre, da lui considerate inattendibili «perché dettate dalla situazione di conflitto» tra gli ex coniugi. E aveva sostenuto anche che il reato di atti persecutori non fosse provato. La ragazza, infatti, non ha mai cambiato le abitudini di vita e il rendimento scolastico non ha subito un calo, quindi non si sarebbero verificati, a dire dell'imputato, «stati di ansia, paura o fondato timore per l'incolumità». Il collegio, però, specifica che non si tratta di dettagli rilevanti: «Per ritenere integrata la fattispecie di atti persecutori non occorre che la personalità della vittima venga annullata, al contrario, la stessa pare compatibile con il tentativo di reagire alle condotte persecutorie». L'imputato aveva anche sottolineato che «la ragazza era solo infastidita dalle visite del padre, dettate dall'esigenza di vederla, a causa del rapporto conflittuale con la ex compagna». Anche di fronte alla condanna, oltretutto, l'uomo non ha cambiato idea: «È convinto di non aver commesso un reato, ma di essersi comportato in quel modo per poter svolgere il suo ruolo di padre», si legge nella sentenza, depositata la scorsa settimana e riportata da Studio Cataldi.

 


I giudici d'appello avevano definito le modalità di approccio del genitore «disturbanti e persecutorie, caratterizzate da una tale ripetitività e assenza d'interesse per gli stati d'animo della figlia (si pensi alle irruzioni nelle occasioni conviviali o sportive coinvolgenti quest'ultima), tanto da generare un evidente turbamento di quest'ultima». La ragazza ha descritto in aula «sentimenti di vergogna e di estremo imbarazzo, ma anche di paura per l'imprevedibilità del genitore, al quale aveva direttamente rappresentato il disagio che le sue condotte ossessive le provocavano».

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