Il comandante dell'Arma dei carabinieri Teo Luzi: «Il nostro lavoro per la ripresa con un occhio agli antagonisti»

«Dobbiamo proteggere il “debito buono” degli italiani, fatto di lavoro e di sacrificio, per far fruttare gli investimenti che verranno. E non bisogna cedere ai richiami degli “antagonisti antisistema"»

Il comandante dell'Arma dei carabinieri Teo Luzi: «Il nostro lavoro per la ripresa con un occhio agli antagonisti»
di Massimo Martinelli
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Domenica 3 Ottobre 2021, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 09:35

Generale Teo Luzi, le aspettative dell’Europa riguardano i fondi del Pnrr che Bruxelles dovrà erogare nei prossimi sei anni. Sono denari che fanno gola alle organizzazioni criminali. Qual è la strategia per evitare che i fondi europei finiscano nelle casse di aziende riconducibili alla criminalità organizzata?
«L’Arma è ben strutturata per corrispondere efficacemente alle esigenze di tutela delle risorse rese disponibili dal programma per il rilancio economico del Paese. Dobbiamo proteggere il “debito buono” degli italiani, fatto di lavoro e di sacrificio, per far fruttare gli investimenti che verranno. Siamo da tempo impegnati in complesse indagini patrimoniali, che sono parte integrante della “cultura investigativa” dell’Arma. Lo scorso mese di giugno, i militari del ROS hanno eseguito una misura patrimoniale a carico del vertice del clan operante nel salernitano, a Sarno, sequestrando beni per 2 milioni di euro. Negli ultimi 5 anni abbiamo sequestrato e confiscato beni per oltre 12 miliardi di euro: un valore enorme che ci dà la dimensione dell’infiltrazione mafiosa nell’economia legale del nostro Paese. Oggi aderiamo alla nuova architettura dello European Public Prosecutor Office (EPPO), competente a perseguire i reati in danno del bilancio dell’Unione. Per questo, abbiamo costituito unità investigative dedicate presso i Comandi provinciali nei sette distretti dove opereranno i Procuratori delegati nazionali».


La ripartenza dell’economia è però legata anche alla ripresa del lavoro. E questo potrà avvenire grazie allo strumento del Green pass. Come avverranno i controlli circa il rispetto dei protocolli indicati dal governo?
«I controlli sono in corso. Ci avvaliamo di dispositivi elettronici già in dotazione ai nostri equipaggi: tablet con funzionalità operative, sui quali è stata installata l’App governativa che consente l’immediata verifica dei certificati. I Carabinieri del NAS, supportati dalle Stazioni, stanno conducendo su tutto il territorio nazionale una fitta campagna di ispezioni. L’attività è svolta con rigore, ma, come sempre, prima di tutto si userà il buon senso. L’obiettivo è far rispettare le regole, ma senza spirito vessatorio nei confronti dei gestori e degli avventori».


Nonostante la ripresa, una larga fascia di popolazione porta ancora i graffi della crisi dovuta al lockdown e ai lunghi mesi di chiusura che sono seguiti. Adesso è annunciata l’ondata di rincari per le bollette energetiche. Vede un rischio legato alle tensioni sociali?
«L’impoverimento di famiglie e imprese rappresenta la conseguenza più evidente della crisi economica innescata da quella sanitaria. Siamo particolarmente attenti a monitorare tutte le situazioni di malcontento, in particolare di quelle relative alle categorie più colpite, con l’obiettivo di prevenire derive violente e scongiurare pericolosi fenomeni di saldatura con le frange più estreme. In questa attività, un ruolo particolare è svolto dalle oltre 4.600 Tenenze e Stazioni Carabinieri, luoghi privilegiati di ascolto e confronto con i cittadini, veri e propri sensori in grado di leggere le dinamiche territoriali e intercettare per tempo eventuali criticità. All’orizzonte ci sono enormi opportunità di ripresa, con stime di crescita del PIL del 7%. È necessario dunque guardare con fiducia al futuro, evitando di cedere ai richiami degli “antagonisti antisistema”, interessati a demolire piuttosto che a impegnarsi nella ricostruzione».


C’è un’altra fascia di italiani, soprattutto giovani, che sembra voglia esorcizzare il clima di questi anni con una frenetica attività mondana. È stato persino coniato un neologismo, “malamovida”, per indicare il fenomeno delle nottate trascorse nei locali alla moda all’insegna della trasgressione, anche delle più elementari regole anti-covid. Che tipo di fenomeno è? Come state intervenendo?
«Recentemente abbiamo registrato un incremento degli episodi di esuberanza tra i giovani. È una possibile reazione alle prolungate restrizioni imposte dalla pandemia, essendo anche venute meno le opportunità di frequentare sani luoghi di aggregazione.

Anche in questo, c’è sempre qualcuno disposto a sfruttare il disagio proponendo iniziative alternative nocive. Mi preoccupa, in particolare, il precoce avvicinamento dei ragazzi al consumo di sostanze alcoliche, spesso non affrontato con sufficiente attenzione. La prevenzione in questi casi è tutto. Agiamo unendo il fitto pattugliamento stradale, svolto dalle Stazioni Carabinieri, al controllo del web, che scandagliamo alla ricerca di iniziative illegali. Inoltre, prestiamo attenzione ad ogni segnalazione che ci perviene dai cittadini». 


Nelle scorse settimane, in occasione di alcuni episodi di cronaca come ad esempio quello del rave nel viterbese durato alcuni giorni, si è rischiato che l’opinione pubblica pensasse che c’era una sorta di tolleranza con chi deliberatamente violava le regole. Lei ha avuto questa impressione? E qual è l’atteggiamento delle forze dell’ordine in casi del genere?
«Il fenomeno non è nuovo. È presente in tutta Europa da anni e, per questo, è controllato dalle Forze di polizia. Dopo l’esperienza dell’ultima estate è stato potenziato il “pattugliamento del web” per intercettare per tempo spostamenti di masse di giovani. Resta il fatto che, in questi casi, ogni intervento necessita di accurate valutazioni da parte delle Autorità di pubblica sicurezza. Non esistono zone franche e gli sgomberi sono doverosi. Tuttavia, non si può mai prescindere dalla sicurezza di tutte le persone coinvolte, che spesso sono sotto l’effetto di stupefacenti o di alcol e si trovano in zone isolate, scarsamente illuminate e con vie di esodo difficilmente percorribili». 


Nel corso di questo autunno, si sono già verificati oltre una decina di omicidi di donne, quasi sempre ad opera dei mariti, dei compagni, dei fidanzati. Cosa sta succedendo? E come intervenire? Serve una legge più stringente oppure un maggior potere di intervento in capo alle forze dell’ordine?
«I numeri ci consegnano una situazione sostanzialmente stabile rispetto agli anni scorsi. Si tratta comunque di statistiche inaccettabilmente alte per una società progredita qual è la nostra. Per questo, l’Arma ha adottato da diverso tempo numerose iniziative per qualificare l’attività di prevenzione e contrasto della violenza di genere. Abbiamo attivato una rete nazionale di monitoraggio, composta da oltre 300 ufficiali di polizia giudiziaria, appositamente formati per la gestione di questi casi, anche con conoscenze di psicologia comportamentale, per migliorare l’interazione con le vittime che vivono drammaticamente la loro condizione di vulnerabilità e devono essere sostenute nel loro percorso di denuncia. Proprio per questo, collaboriamo anche con Enti e Associazioni impegnate nella tutela dei diritti di donne e bambini. Tra gli altri, ricordo il progetto avviato con Soroptimist International d’Italia, che abbiamo chiamato “Una stanza tutta per sé”. Finora abbiamo allestito, in 150 Caserme dell’Arma, locali idonei all’ascolto protetto delle vittime di violenza. Questo intenso impegno operativo è sostenuto in piena sinergia con le altre Forze di polizia, con le quali condividiamo tutte le informazioni disponibili sulle singole vicende attraverso la banca dati interforze “SCUDO”, con l’obiettivo di accrescere la tempestività e la qualità delle attività di primo intervento a supporto delle vittime».


Parliamo di cyber crime: nelle scorse settimane alcune strutture strategiche per il contrasto dell’emergenza covid sono state attaccate e – almeno nel Lazio – la campagna vaccinale ha subito un rallentamento. Siamo in grado, dal punto di vista tecnologico – di prevenire e contrastare questo tipo di attacchi? E cosa sarebbe necessario fare per aumentare i livelli di sicurezza?
«Nell’ecosistema telematico la nostra identità reale diventa una sequenza alfanumerica, esposta a numerosi delinquenti pronti, letteralmente, a “mettersi nei panni” di aziende e persone per commettere operazioni molto sofisticate, difficili da localizzare e intercettare. Nello svolgimento di queste attività, l’Arma si avvale di un’articolata struttura, costituita dal Reparto Indagini Telematiche del ROS a livello centrale e da sezioni e referenti specializzati a livello periferico. La più efficace forma di prevenzione contro questa minaccia resta comunque la piena consapevolezza dei rischi da parte di individui e aziende. In quest’ottica, abbiamo attivato alcune collaborazioni con Confindustria, Confapi e Confcommercio, che prevedono l’impegno dell’Arma anche in materia di security awareness, proprio per richiamare l’attenzione sulle esigenze di tutela del patrimonio informativo aziendale».


Quella appena trascorsa è stata anche l’estate degli incendi, delle alluvioni, delle trombe d’aria. Cosa sta succedendo al clima, quanta responsabilità c’è nell’azione dell’uomo, cosa stanno facendo e possono fare i Carabinieri Forestali?
«La crisi climatica è una “pandemia lenta” che richiama tutti noi ad un impegno diretto e senza precedenti. Nel settore dell’antincendio boschivo la legge ci affida due compiti: la perimetrazione delle aree percorse dal fuoco e le attività investigative conseguenti agli episodi. Con riferimento al primo aspetto, collaboriamo con le Amministrazioni locali nella realizzazione e nell’aggiornamento del catasto dei soprassuoli boschivi percorsi dal fuoco. Il recente decreto legge che introduce nuove misure per il contrasto degli incendi boschivi ha riconosciuto l’efficacia di questo sistema, potenziandolo. Infatti, l’apposizione dei vincoli di legge sui terreni interessati dagli incendi ha un effetto deterrente tanto maggiore quanto più l’intervento è tempestivo. Per quanto riguarda l’azione investigativa, nell’anno in corso abbiamo tratto in arresto 22 persone e denunciato altre 325 responsabili di incendio boschivo. Questi numeri sono il frutto di un impegno intenso sostenuto dalle più moderne tecnologie. Impieghiamo droni dotati di telecamere ad alta definizione e ci avvantaggiamo dei sistemi satellitari per il monitoraggio del territorio, anche nelle attività di ricostruzione dopo gli incendi. Per altro verso emerge dai dati anche un 30% di eventi colposi. Il problema dunque è anche culturale. È necessario accrescere il livello di attenzione da parte di tutti coloro che, per svago o per lavoro, frequentano i boschi».

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