«SONO SODDISFATTO»
L’imputazione di abuso d’ufficio per Sala, che è già a processo, invece, per falso per la presunta retrodatazione di due verbali della commissione giudicatrice dell’appalto, era stata cancellata in udienza preliminare il 29 marzo dello scorso anno. E con lui era stato prosciolto anche l’ex manager di Expo, Angelo Paris. Oggi la decisione di «non luogo a procedere» è stata confermata anche dalla seconda sezione penale d’appello (Piffer-Puccinelli-Boselli), come richiesto dai legali del primo cittadino, gli avvocati Salvatore Scuto e Stefano Nespor, e dal difensore di Paris, Luca Troyer. I sostituti pg Vincenzo Calia e Massimo Gaballo, invece, avevano insistito affinché il sindaco fosse mandato a giudizio e, in teoria, hanno la possibilità anche di ricorrere in Cassazione. «Sono ovviamente molto soddisfatto», commenta Sala. «Non posso dire che me lo aspettavo perché certe cose non si sa mai come vanno - aggiunge - ma il mio avvocato mi aveva chiarito che non c’erano elementi oggettivi di colpa per cui ero abbastanza tranquillo». «Certamente - prosegue - è un altro passaggio. Adesso ne rimane ancora uno. Un procedimento è ancora in piedi, speriamo che finisca così».
DEROGA DAL CODICE DEGLI APPALTI
La procura generale sosteneva che l’ex amministratore delegato di Expo con quell’affidamento senza gara alla Mantovani spa, che vinse anche il maxi appalto, avrebbe travalicato i limiti dei poteri di deroga di cui godeva per il suo ruolo di commissario unico.
Poteri che, secondo l’accusa, avrebbe usato in modo improprio applicando la deroga prevista dal codice degli appalti per i servizi, per la quale era possibile l’affidamento diretto a una fornitura per la quale, invece, avrebbe dovuto indire una gara pubblica. Già per il gup, però, «nessuna delle violazioni di legge indicate dall’accusa ha trovato conferma alla luce di valutazioni in punto di diritto o di fatto». In un memoria depositata anche in appello, poi, la difesa ha dimostrato che Sala era legittimato a procedere con quell’affidamento diretto, dati i poteri di commissario unico. E ha evidenziato come anche i pm della Corte dei conti, che hanno archiviato le indagini, abbiano sostenuto che all’ex manager non potesse essere mosso «alcun rimprovero», anche perché fece «legittimo e ragionevole affidamento sul contenuto degli atti provenienti dagli uffici tecnici». Da parte sua, dunque, non c’era «la consapevolezza o la possibilità di conoscenza della diseconomicità del prezzo della fornitura». La procura generale, infatti, aveva contestato anche che quell’affidamento avesse riconosciuto alla Mantovani un importo di 4,3 milioni di euro, quando «invece l’effettivo valore» della fornitura «era di gran lunga inferiore».
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