Crisi del Mar Rosso, lo spettro della speculazione: minaccia di aumenti fino al 10%. «Rincari ingiustificati»

Federlogistica: «Subito un monitoraggio»

Mar Rosso, dietro la crisi lo spettro della speculazione. «Rincari ingiustificati», per auto e alimentare aumenti fino al 10%
di Giacomo Andreoli
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Venerdì 26 Gennaio 2024, 22:04 - Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 08:35

Si allunga lo spettro della speculazione sui rincari legati alla crisi commerciale nel Mar Rosso. Dalle materie prime alle componenti auto, dal cibo all’arredo e l’abbigliamento, si rischiano balzi ingiustificati. Il prezzo del petrolio è più basso rispetto a inizio novembre, quando sono cominciati gli attacchi dei ribelli Houthi contro le navi cargo occidentali (il Brent è passato da 87 a 82 dollari al barile), le tariffe per l’export di Gnl dagli Usa all’Europa ora scendono e il gas è stabile sui 28 euro al megawattora al Ttf di Amsterdam. Non solo, secondo alcuni esperti, la fiammata sul costo dei trasporti marittimi (il container “tipico” da Shanghai a Genova è passato da 1.400 a 6.300 dollari) potrebbe riassorbirsi nel medio periodo. Innanzitutto se funzionasse la missione di difesa europea Aspis, mentre, se la crisi perdurasse, il commercio globale potrebbe riorganizzarsi, con i 10-15 giorni di viaggio in più tramite il Capo di Buona Speranza che avrebbero effetti molto pesanti solo su alcuni beni, soprattutto alimentari freschi. Ma i produttori, come anticipato da Il Messaggero mercoledì scorso, senza soluzioni alla crisi, minacciano rincari dell’ordine del 6-7% o addirittura fino al 10%, tra primavera ed estate. Colpendo in primis i prodotti del Made in Italy.

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I SETTORI COINVOLTI

Secondo artigiani e industria, gli attacchi degli Houthi avrebbero già generato 8,8 miliardi di danni per il commercio italiano (soprattutto nel Centro-Nord), con esportazioni mancate o ritardate per 3,3 miliardi e un fallito approvvigionamento di prodotti manifatturieri per 5,5 miliardi.

Tessile, moda, alimentare, elettronica e produttori di auto giustificano così i possibili rincari in Italia e in Europa, facendo sponda con l’avvertimento lanciato ieri da Christine Lagarde. Per la presidente della Bce i problemi nel Mar Rosso e nel Canale di Suez potrebbero far risalire i prezzi di energia e trasporti e interrompere le catene globali del commercio, creando un nuovo pressing al rialzo sull’inflazione. 

Tuttavia dagli esperti della logistica, il settore più direttamente coinvolto dalla crisi, arriva il freno a ogni possibile fuga in avanti sui prezzi. «Non si usi l’argomento del costo dei trasporti marittimi - ammonisce a Il Messaggero Luigi Merlo, presidente di Federlogistica - per poi spiegare gli aumenti dei costi di distribuzione: sarebbe solo un alibi per rincari ingiustificati». Al momento, per Merlo, sarebbe «prematuro calcolare l’impatto sui prezzi di energia e noli: bisogna attendere metà febbraio» e nel frattempo sarebbe utile avviare «un monitoraggio anti-speculazione sui beni finali». Secondo il numero uno di Federlogistica, infatti, è chiaro che «il costo dei container sta salendo, anche se variano da caso a caso, perché se ci vogliono fino a 50 giorni per la nuova rotta di Capo di Buona Speranza invece dei 35 del Mar Rosso, crescono i costi, a partire dal carburante, e con i missili aumentano vertiginosamente i prezzi delle assicurazioni per le navi». Ma, aggiunge, «appena la situazione dovesse stabilizzarsi la fiammata rientrerebbe e allora si rischierebbe di fare come quando sono iniziati a calare i prezzi di materie prime ed energetici, ma non quelli dei prodotti in negozi e supermercati». Per Merlo, poi, bisogna considerare che «ci sono i magazzini, le scorte già accumulate», con cui, per ora, si lavora ancora. Quindi l’aumento dei costi di trasporto sarebbe «determinato dai ritardi, ma con un effetto complessivo limitato, e andrebbe analizzato a 360° gradi, considerando anche i costi per il transito delle merci a terra e i rincari degli ultimi anni per le decisioni dell’Egitto».

LA SOTTOVALUTAZIONE

Al momento negli scali italiani, secondo le varie autorità portuali, il traffico si è ridotto di circa il 20-30% per il ritardo delle navi e le nuove rotte, con qualche rischio in più per il Mar Adriatico, a partire da Ravenna. Con il dirottamento delle navi dal mare italiano al Nord Europa, a Tangeri e Algeri ora si rischia l’ingolfamento. «Una situazione difficile per gli armatori - commenta il presidente di Federlogistica - perché già abbiamo collegamenti terrestri ridotti con Francia e Svizzera e poi con le difficoltà per l’approvvigionamento delle materie prime si rischiano ritardi alle opere del Pnrr». C’è poi da considerare che, con il capodanno cinese alle porte, la distribuzione dal Paese del Dragone rischia di bloccarsi, creando il cosiddetto “effetto accumulo”. Ma, quanto ai presunti vantaggi cinesi nel sostituire le navi occidentali, utilizzando l’immunità politica con gli Houthi, «per ora non si vedono grandi impatti». Quindi la stoccata alle istituzioni. C’è stata, per Merlo «una sottovalutazione dell’importanza del canale di Suez per l’Italia e dei problemi del trasporto marittimo, che non vanno affrontati solo durante le emergenze». «Si consideri - conclude - la difficoltà a reclutare gli equipaggi, con il 9-12% degli addetti che erano russi e ucraini, e l’Ue rinvii di un anno la misura sugli Ets: un provvedimento sbagliato che rischia di essere nocivo per l’economia e per l’inflazione». Bruxelles, invece, lo difende, parlando di un necessario minor inquinamento.

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