Un anno di Covid-19 a Milano: dalla grande fuga ai bar clandestini

ph. di Nicole Cavazzuti
di Nicole Cavazzuti
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Giovedì 18 Marzo 2021, 22:05

Dalla grande fuga da Milano la notte tra sabato 7 e domenica 8 marzo 2020 (quando uscì la notizia che avrebbero chiuso l’Italia in un rigoroso lockdown) a oggi, 17 marzo 2021: vi raccontiamo l'ultimo anno di vita del capoluogo lombardo attraverso una gallery che ferma i momenti più emblematici di questi 12 mesi segnati dall'emergenza Covid-19.

 

Fotografie del primo lockdown assoluto - quello nazionale, di marzo e aprile 2020 -, con le vie totalmente deserte, gli operatori ecologici alle prese con le sanificazioni delle strade (attività poi improvvisamente scomparsa, tra l’altro), i cartelli sulle finestre con la scritta “Andrà tutto bene”.

E persino sugli schermi pubblicitario on air (nella gallery, uno schermo in zona Gae Aulenti). E poi, ecco una carrellata di Milano tra fine primavera e inizio estate.

Un'estate segnata dalla incertezza del domani, da voli (e vacanze) saltati all’ultimo minuto, dai campus estivi per bambini a numero chiuso e dai servizi ridotti. Ma anche da locali aperti fino a tardi e dalla voglia di vivere, nonostante la paura della seconda ondata.

Che è arrivata, puntuale all’inizio dell’autunno. E così da ottobre Milano è entrata in un semi-lockdown perenne, con tanto di riunioni condominiali nei cortili nel rispetto del distanziamento sociale (guardate la foto).

Dicembre è stato particolarmente triste per la Lombardia e la città, in zona rossa praticamente tutto il mese per poi scoprire successivamente che i dati erano stati conteggiati in maniera errata. Oltre al danno, la beffa.
Gennaio e febbraio resteranno nella memoria per i continui cambi di colore della città che hanno creato disorientamento nei cittadini, incerti su cosa potessero fare o non fare.

E arriviamo a oggi.
Dodici mesi dopo, lo scenario è deprimente. Le strade dopo le 21 restano deserte (la foto di apertura è stata scattata ieri). Rituali tipici come l’aperitivo o la partita a calcetto sono un ricordo. E in giro non si vedono più i cartelli con gli arcobaleni e la scritta “andrà tutto bene”. Anzi. Si respira un clima di pesante sconforto. La gente è stanca, sfiancata, rassegnata. Arrabbiata, tesa, aggressiva. E cresce il numero di persone che non rispetta le regole: ecco quindi bar aperti fuori orario, cene a casa di amici, assembramenti in piazza. 
Milano è stata snaturata e svuotata privata di fiere, saloni, esposizioni, eventi, sfilate, spettacoli, convegni e congressi. E della vita notturna, proprio lei, la capitale italiana della notte.  
Fa male vederla così. 
E non è rincuorante pensare al futuro. Perché di sicuro, anche quando saremo usciti dall’emergenza, a lungo non sarà più la Milano che conoscevamo. Prima, bisognerà ricostruire un intero tessuto sociale, culturale ed economico sfibrato e logorato.

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