Alice Scagni uccisa dal fratello, indagati due agenti e un medico. Ai genitori che chiesero aiuto risposero: «Non facciamola tragica»

La 34enne uccisa con 19 coltellate. I pm di Genova: "Poteva essere salvata"

Alice Scagni uccisa dal fratello, indagati due agenti e un medico. Ai genitori che chiesero aiuto risposero: «Non facciamola tragica»
di Erica Di Blasi
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Martedì 15 Novembre 2022, 08:20 - Ultimo aggiornamento: 09:01

Forse Alice poteva essere salvata dalla furia omicida del fratello. I familiari avevano denunciato più volte la situazione e avevano chiesto, quasi implorato, aiuto alle autorità. Ma nulla in tanto tempo è stato fatto. E adesso due poliziotti e un medico della Salute mentale sono i primi indagati dalla procura di Genova nell'inchiesta sulle presunte omissioni, indagine nata dopo il delitto.
Alice Scagni è stata uccisa dal fratello Alberto lo scorso 1 maggio con diciannove coltellate. Era scesa sotto casa per portare a spasso il cane quando è stata aggredita. Il primo a cercare di aiutare Alice era stato il marito, ma i soccorsi si erano rivelati inutili. Poco prima dell'omicidio, Alberto aveva pubblicato messaggi confusi sui social. Adesso sembrano esserci i primi responsabili per una tragedia che si poteva evitare. «È un primo passo verso l'accertamento della verità», ha commentato l'avvocato della famiglia Scagni, Fabio Anselmo. A essere indagati sono una dottoressa della Salute mentale che avrebbe temporeggiato dopo la richiesta dei genitori di ricoverare il figlio. E poi due agenti, che non si sarebbero attivati dopo la chiamata del padre e della madre della vittima. «Signora, non facciamola tragica» sarebbe stata una delle risposte del centralino della questura ai genitori che, il giorno stesso, avevano chiesto aiuto dopo alcune minacce ricevute dal figlio. «Per noi avere tre indagati equivale a un avanzamento verso la verità che ci provoca ancora più dolore ha sottolineato Antonella Zarri, madre di Alice e Alberto perché ci conforta sul fatto che la tragedia avrebbe potuto essere evitata». Il fascicolo per omissione era stato aperto dalla procura genovese quando i familiari di vittima e omicida, sentiti dalla squadra mobile e dai pm, avevano accusato la polizia e il centro di salute mentale dell'Asl 3 di non aver preso sul serio diversi campanelli d'allarme.

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LE MINACCE
«Lo sai stasera dove sono Gianluca e tua figlia? Se non trovo i soldi sul conto tra 5 minuti, lo sai dove cazzo sono?», aveva urlato Alberto Scagni, 42 anni, al padre.

La polizia aveva risposto agli Scagni che non c'erano volanti disponibili e che se la minaccia non era immediata non potevano inviare nessuno. Non solo la telefonata al 112 il giorno del delitto ma anche l'incendio appiccato poche ore prima alla porta di casa della nonna. Il giorno successivo all'omicidio avrebbe inoltre dovuto svolgersi una visita medica di Scagni per avviare un percorso di cura presso l'igiene mentale. «Adesso vogliamo essere riconosciuti come parte offesa ha aggiunto ancora Zarri Il danno per noi sono due figli persi. La verità che di cui noi siamo certi è che sono stati rubati. Ho il cuore che è una pietra pesante». Nei giorni scorsi il perito del gip ha dichiarato Scagni semi infermo di mente, mentre per la procura sarebbe pienamente capace. In totale disaccordo i genitori, che considerano loro figlio del tutto incapace di intendere o volere. E continuano a ripetere che quel giorno non hanno perso uno, ma due figli. «Vittime di un sistema che li ha lasciati soli».

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