Roma, maestre comunali: boom di assenze, a casa 7 giorni al mese

Roma, maestre comunali: boom di assenze, sette giorni al mese
di Lorenzo De Cicco
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Domenica 13 Ottobre 2019, 00:47 - Ultimo aggiornamento: 13:40

Se ci fosse un registro delle assenze anche per gli insegnanti, nelle scuole comunali di Roma molte maestre batterebbero gli allievi con un buon margine. Tra asili e nidi, ogni educatrice rimane a casa, di media, 7 giorni al mese. Ferie escluse, ça va sans dire. Questa strana epidemia - perché quasi sempre si tratta di «motivi di salute» o permessi per i parenti malati - è annotata in un dossier dell’ufficio Risorse umane del Campidoglio. Chi ha spulciato i numeri sui forfait ha notato, calcolatrice alla mano, che le supplenze, nei primi 6 mesi del 2019, sono schizzate in su del 35%. Con relativa girandola di supplenti nelle classi, un turbinio in cattedra che certo non aiuta i piccoli alunni, e costi record per le casse già vacillanti dell’amministrazione: solo nel primo semestre dell’anno, Palazzo Senatorio ha dovuto tirar fuori circa 30 milioni di euro per rimpiazzare le educatrici che si davano malate. Nello stesso periodo del 2018, il Comune di Roma aveva speso 22 milioni, quasi un terzo in meno.

L’assenteismo è un male antico della Capitale, una piaga che contagia tanti settori: dai netturbini che dovrebbero ripulire le strade dalla famigerata monnezza (ogni giorno all’Ama si assentano in mille su 7.800), ai vigili urbani che dovrebbero controllare traffico e abusi vari (12% di assenti nell’ultimo rapporto stilato a giugno, sempre senza mettere nel computo i vacanzieri), agli autisti dell’Atac che fanno incetta di congedi 104, quelli che permettono di assistere un famigliare invalido. Un dipendente su 4, nella partecipata dei trasporti, ha in tasca questo tipo di licenza, otto volte più che nel settore privato, dove la media è di appena il 3,15%. Sarà un’altra singolare epidemia, anche qui, ma va detto che quando la municipalizzata ha controllato, anche di recente, spesso sono saltati fuori dipendenti che anziché assistere i parenti infermi, erano al mare o in campeggio.

Stavolta a farne le spese sono i piccoli iscritti alle scuole gestite dal Campidoglio: asili nido e scuole dell’infanzia. A gennaio del 2019, i giorni di assenza collezionati dalle insegnanti comunali sono stati 43.500; nello stesso periodo del 2018, le assenze erano state 36.300. Riavvolgendo ancora indietro il nastro, nel 2017, i giorni di assenza mensili erano stati 32.177. Anche in questo caso, la crescita delle lezioni saltate è di un terzo abbondante. Considerando che le maestre che fanno capo al Comune sono 6.200 circa, significa che di media ogni insegnante non si presenta in cattedra 7 giorni al mese. È una media, ribadiamo: ci sarà chi si assenta un giorno solo e chi sta fuori per un quadrimestre. Ma il numero, soprattutto un aumento così marcato, impressiona. 

Anche i dirigenti scolastici sono in allarme. «Una crescita così non può lasciare indifferenti», dice Mario Rusconi, a capo dell’Associazione nazionale Presidi di Roma. «A questo punto è fondamentale rafforzare i controlli per capire se ci sono stati illeciti, ci aspettiamo una reazione decisa da parte della giunta Raggi». La scuola dell’infanzia, continua il capo dell’AssoPresidi, «gioca un ruolo decisivo per formare i bambini e inserirli nel sistema educativo in cui dovranno crescere negli anni a venire. A questa età, cambiare insegnanti, che sono una figura di riferimento centrale, con un avvicendamento continuo di supplenti, è un danno per i minori». Oltre che per le casse dell’amministrazione: in tutto il 2018 il costo per le supplenze nelle scuole comunali di Roma è stato di 42 milioni di euro, il tetto fissato dalla legge per i contratti a tempo. Una soglia che si avvicina pericolosamente, se come detto solo nei primi 6 mesi dell’anno si è sfondata quota 30 milioni. Il Campidoglio, con questi numeri, è chiamato a intervenire a stretto giro, per fermare furberie e malcostumi e assicurare ai bambini il servizio che meritano.
 

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