I loro riferimenti vanno dai Tool ai Queens Of The Stone Age, in Italia dai Marlene Kuntz a Marta Sui Tubi e Afterhours. Ma non c’è alcuna ottusa appartenenza all’ambiente indipendente. I Blastema non sono mai entrati a far parte di meccanismi musicali settari: «Siamo troppo rock per il pop e troppo pop per il rock. Nel mezzo, in un territorio che all’estero rientra nella normalità e non crea pregiudizi. In Italia abbiamo avuto qualche difficoltà, però ora il nostro pubblico - e di questo siamo fieri - è indipendente mentalmente e giudica solo se abbiamo un progetto o meno». A differenza di tanti che disdegnano l’occasione Sanremo, o che la disdegnano solo finché non arriva, loro non provano alcuna vergogna a partecipare, anzi: «Il palco dell’Ariston ti mangia e ti sputa, fa paura, bisogna essere professionali per affrontarlo». Il circo che gira intorno, poi, è un’altra cosa: «Da quando ci hanno scelti per il festival c’è stato un totale cambio di comportamento delle persone verso di noi. Un vero e proprio condono, completamente riabilitati. Ora ci salutano addirittura i vicini».
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Dori Ghezzi li ha scelti e prodotti, ma è più una chioccia, defilata, non presenzialista: «Al primo incontro c’è stata da parte nostra una soggezione legata al nome De André, ma un momento dopo lei è stata capace di farcelo dimenticare. E’ un onore averla come produttrice, si è dimostrata persona di grande sensibilità in quanto ha avuto totale rispetto per il nostro lavoro». Arrivando in riviera si sono sentiti come pesci fuor d’acqua, elefanti su una mulattiera, convinti però che la strada fosse quella giusta. E hanno cominciato a depennare la lista delle cose da fare prima di morire: una era buttarsi in terra al cospetto di Elio e Le Storie Tese urlando «Non siamo degni, siamo cacchette», citando il film Wayne’s World. Lo hanno fatto nei corridoi del teatro.
Il tour parte il 19 marzo da Milano, il 20 suonano al Circolo degli Artisti di Roma. Intanto regalano al nostro sito un estratto acustico di “Dietro l’intima ragione”.
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