McConaughey, "Dallas Buyers Club" e la sua prova estrema per un film da Oscar

Matthew McConaughey
di Gloria Satta
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Mercoledì 29 Gennaio 2014, 18:12 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 11:12
A Roma, Matthew McConaughey andato a cena con Sorrentino. Ci siamo lasciati con una frase che di solito non si dice: ci rivedremo all’Oscar», racconta l’attore con un sorriso. Tornato in gran forma dopo aver perso 23 chili per girare Dallas Buyers Club, il film candidato a sei Oscar (uno dei quali proprio per il miglior protagonista) e nelle sale domani con Good Films, il 44enne McConaughey racconta con appassionata sincerità la sua ultima sfida: il personaggio di Ron Woodrof, il texano macho e omofobo - realmente esistito - che negli anni Ottanta, diventato sieropositivo, importò negli Usa farmaci illegali per allungare la vita a se stesso e ad altri malati di Aids.

Ora l’attore è sugli schermi in un altro ruolo, piccolo ma irresistibile: in una scena-cult di Il Lupo di Wall Street, fa il broker navigato che insegna i segreti della finanza al novellino Di Caprio. «È stato un divertimento lavorare con Scorsese, il mio idolo», confida Matthew.

E in Dallas Buyers Club qual è stata la maggiore difficoltà?

«Innanzitutto mettere in piedi il film, rifiutato dai produttori ben 137 volte. Alla fine si è miracolosamente realizzato con meno di cinque milioni di dollari. Quanto al mio lavoro, l’aspetto più difficile è stato tirar fuori tutta la rabbia del mio personaggio».

Cosa l’ha spinta a farlo?

«La forza della sceneggiatura: mi ha letteralmente azzannato. Ho aspettato cinque anni che il film si facesse. Non ho mollato anche quando i soldi non si trovavano».

Che effetto le fa, dopo una carriera in seconda fila, essere considerato un grande attore da Oscar?

«Il successo attuale è il risultato della scossa che ho voluto dare al mio lavoro quando ho compiuto i quaranta. Ero soddisfatto e richiesto, ma volevo di più. E ho cominciato a rifiutare i film d’azione, le commedie romantiche... mia moglie sosteneva che, a forza di dire no, non sarei stato più chiamato».

Ed è successo?

«Sì, per un anno non ho ricevuto proposte. Ma avevo abbastanza soldi per vivere e in più mi sono goduto il mio primo figlio. Poi sono venuti i film del cambiamento: The Lincoln Lawyer, Killer Joe, Magic Mike, The Paperboy...».

È stata dura perdere 23 chili?

«L’ho fatto sotto stretto controllo medico. Mi sono chiuso in casa, vivendo come un eremita. Più perdevo potenza fisica, più acquistavo lucidità intellettuale».

La metamorfosi fisica è una scorciatoia per l’Oscar?

«Non basta un’interpretazione estrema per arrivare alla vera arte».

Cosa ha imparato dal suo personaggio?

«Che quando vuoi una cosa, devi prendertela da solo».

Come si prepara all’Oscar?

«Non ci penso. Preferisco accompagnare nel mondo Dallas Buyers Club: non faccio promozione, piuttosto condivido con gli altri la mia straordinaria esperienza».

Com’è andata con Jared Leto, che interpreta un trans?

«Abbiamo fatto amicizia solo una volta finite le riprese. Sul set eravamo troppo concentrati. E’ così che recito: abbasso la testa e il lavoro diventa un’ossessione a senso unico. Finché qualcuno mi dice: hai finito, ora puoi andare a casa».
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