Il regista Kechiche replica alle accuse di una delle interpreti: «Io sadico? Parole di una vissuta nella bambagia»

Il regista Kechiche replica alle accuse di una delle interpreti: «Io sadico? Parole di una vissuta nella bambagia»
di Gloria Satta
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Giovedì 17 Ottobre 2013, 12:11 - Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 16:15
Sar nelle sale il 24, con Lucky Red, il film che a Cannes ha scosso il pubblico e incantato la giuria guidata da Spielberg, vincendo la Palma d’oro La vita di Adele, diretto da Abdellatif Kechiche e interpretato da Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux.



Emozioni forti sullo schermo e polemiche incandescenti fuori dal set: il film, liberamente ispirato alla graphic novel di Julie Maroh “Il blu è un colore caldo” (Rizzoli) racconta la passione erotica tra due ragazze anzi, spiega il regista, «il percorso iniziatico dall’adolescenza all’età adulta di una giovanissima donna generosa, coraggiosa e aperta».



Venduto nel mondo intero, La vita di Adele in alcune zone, come l’Idaho, non uscirà a causa delle scene ultra-realistiche di sesso lesbo.«Ogni Paese ha le sue regole», commenta Kechiche. Ma non è la censura ad angustiare il regista francese: è la polemica recentemente scatenata dalla Seydoux, discendente dell’omonima dinastia di produttori e oggi attrice richiestissima.



Dopo i festeggiamenti di Cannes, Léa ha accusato Kechiche di essere un «sadico tiranno» e di averle inflitto sul set grandi sofferenze.

Una bomba sganciata senza preavviso. E il regista non ci sta. A Roma per la promozione del film con la diciannovenne Exarchopoulos (che al solo sentir evocare la polemica si turba fino alle lacrime), Kechiche reagisce alla valanga che lo ha travolto. Il suo viso nobile e bello è una maschera amara.



Fumando una sigaretta dietro l’altra, prendendosi lunghe pause, contrattacca e parla di «complotto». Attrice contro regista, regista contro attrice, accuse pesanti: il ”caso” relativo a uno dei film più potenti e originali degli ultimi anni ha messo a rumore il mondo intero.



Che effetto le fa venire definito sadico e tiranno?

«È un incubo. Ho l’impressione di essere sotto processo pubblico nemmeno fossi Strauss-Khan, Clinton ai tempi della stagista o Berlusconi... La Seydoux ha avuto un comportamento indecente, distruttivo, anti-professionale. Ha violato la riservatezza alla quale era tenuta per contratto. Ha fatto del male al film, a me e alla mia famiglia, minando perfino i miei rapporti con i figli. Ha gettato nell’immondizia il lavoro di tante persone».



Poteva aspettarselo?

«No, e non capisco cosa sia successo tra il festival di Cannes, dove Léa mi si è buttata tra le braccia ringraziandomi e definendomi genio a più riprese, e la decisione di distruggermi. È una contraddizione che attiene alla psicanalisi, o all’indagine poliziesca».



Non è vero che, costringendola a ripetere le scene, l’ha fatta soffrire?

«Se c’è qualcuno che ha sofferto sono io: mi sono impegnato anima e corpo per tirar fuori il meglio da lei, che ha rovinato la lavorazione con la sua mancanza di coinvolgimento. Aveva un blocco, forse dovuto alle sue origini privilegiate... Mi sono indebitato per prolungare le riprese allo scopo di esaltare la sua interpretazione. E lei ora parla di dolore: è semplicemente indecente».



Cosa intende?

«Di quale sofferenza può parlare una che è sempre vissuta nella bambagia, tra jet privati e case da favola, e oggi guadagna un milione di euro per interpretare uno spot? È un insulto a tutti quelli che si sbattono per arrivare ala fine del mese con salari da fame».



L’attrice l’ha accusata di essere un manipolatore...

«La manipolatrice è lei, ma solo alle prime armi. Dietro il suo comportamento illogico ci sono dei manipolatori professionisti che l’hanno usata per colpire me, un regista che disturba».



Chi avrebbe orchestrato il complotto?

«I nomi per ora non li faccio, ma si tratta di persone del cinema molto vicine a Léa. Non certo suo nonno, il grande produttore Jérôme Seydoux, troppo leale per attaccarmi. Sono gli stessi che tentarono di nuocere a Nanni Moretti quando presiedeva la giuria di Cannes, accusandolo di conflitto d’interesse. E ora cercano di assassinare me».



Polemiche a parte, qual è il senso del film?

«Si può sempre andare oltre: il cinema ci permette di superare la vita, ci protegge e ci mette a nudo. È necessario però scegliere attori disponibili a darsi e la verità che emerge nel film è merito soprattutto di Adele Exarchopoulos che lo sorregge dall'inizio alla fine».



Porterà sullo schermo gli altri capitoli del fumetto? «Ci penso continuamente. Vorrei seguire ancora la storia di Adele con la Exarxchopoulos. Per tutta la vita».
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