Evangeline Lilly: «Lo Hobbit mi ha fatto
tornare ad amare il mio mestiere»

Evangeline Lilly: «Lo Hobbit mi ha fatto tornare ad amare il mio mestiere»
di Francesca Scorcucchi
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Martedì 31 Dicembre 2013, 19:12 - Ultimo aggiornamento: 2 Gennaio, 20:56
Dopo la maternit avrei voluto lasciare questo lavoro. Lost è stata un’esperienza faticosa, ma Lo Hobbit mi ha fatto tornare ad amare questo mestiere». Evangeline Lilly era quasi sparita dalle scene. Dopo la serie tv Lost, che l’aveva resa famosa nel mondo grazie al ruolo della bella Kate, contesa fra il dottor Jack e il tenebroso Sawyer), aveva deciso di dedicarsi ad altro, alla famiglia principalmente. Così, dalla relazione con Norman Kali, assistente alla produzione conosciuto sul set di Lost, era nato Kahekili. Solo che a una proposta di Peter Jackson, il regista che ha fatto il successo cinematografico della saga di Tolkien, prima con i tre episodi del Signore degli Anelli e poi con i prequel dedicati a Bilbo Baggins, è difficile dire no, e così, a tre mesi dal parto, ha indossato i panni di Tauriel, guerriera a capo della Guardia silvana del Reame boscoso, in Lo Hobbit - La desolazione di Smaug, ora in vetta a tutte le classifiche, negli Stati Uniti come in Italia, e ispirato al libro di J.R.R. Tolkien che racconta le avventure del giovane Bilbo Baggins.



LA MATERNITÀ

«Questo è il mio primo film da mamma. Ho cominciato le riprese tre mesi dopo la nascita di mio figlio. Ho avuto un parto di 30 ore e tutto quello che volevo era prendermi cura di mio figlio e ritrovare il tempo del relax. Ho pensato seriamente di smettere con la recitazione e i set. Quando mi hanno chiamato per il film ho pensato che ormai ero una mamma e che la mia vita stava prendendo un’altra direzione. Poi ho scoperto che la Nuova Zelanda, un posto unico dove il tempo si è fermato e i valori come quello della famiglia sembrano contare tanto, era il luogo perfetto per tornare al lavoro senza trascurare mio figlio». E così è stato, ora l’attrice canadese è tornata ad amare la sua professione: «La mia esperienza con The Hobbit è stata così positiva, divertente e rilassante che ho riconsiderato la professione. Prima vivevo con fatica il mio ruolo di attrice. Ogni nuovo set era una città da lasciare e una fatica da fare. Con Lost ho patito a causa di ritmi durissimi, la pressione dei fan e della stampa, con questo film tutto è andato così bene che ho pensato: alla fine fare l’attrice non è così male».



IL PERSONAGGIO

La guerriera Tauriel, è assente dal romanzo del professor Tolkien, tanto quanto l’albino Legolas interpretato da Orlando Bloom. Per questo il suo, esattamente come era successo per Legolas, è un personaggio contestato dai puristi. «Il fatto che il mio personaggio non esistesse nei libri di Tolkien mi ha creato qualche ansia ma mi ha dato anche qualche vantaggio. Le ansie erano legate al fatto che ci sono tanti fan della saga che non sopportano l’idea che Jackson, nella creazione del film, si possa prendere delle licenze. Devo dire però che queste ansie, ora che il film è nelle sale sono scemate. Il film piace e il mio personaggio anche. Quanto ai vantaggi, se hai da inventare, hai spazi infiniti su cui poter giocare». Per Lilly Tauriel «non è un semplice elfo. È più pazza degli altri, ama le cose pericolose, è molto intelligente. Poi ha una storia personale che si sviluppa in questi due film (è in postproduzione, e uscirà fra un anno Lo Hobbit - Racconto di un ritorno, terzo e ultimo film della serie). Qui sta anche la sua contraddizione: è una donna che ha un’evoluzione umana ma che non può mostrarla troppo perché è e rimane un elfo. Quando penso a un personaggio fantasy che mi ha ispirato (non solo per questo film) mi viene in mente Campanellino di Peter Pan. Perché è delicata, bella, sensuale ma è anche potente e non vorresti mai metterti contro di lei». L’attrice ha una spiegazione sociologica che giustifica l’assenza di personaggi femminili di spessore nelle storie di Tolkien, la stessa per cui ora è stato necessario inserirne uno: «Nel 1950, quando Tolkien scrisse, era socialmente accettabile raccontare una storia contemporanea senza includere il punto di vista femminile. Oggi le donne hanno un ruolo molto più importante nella società. Prima eravamo cittadine di secondo livello e lo siamo state per troppo tempo, ma ora se si racconta una storia, non si possono escludere le donne. Peter Jackson lo ha capito».
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