Dell'Utri, Cassazione conferma: 7 anni per concorso in associazione mafiosa

Dell'Utri, Cassazione conferma: 7 anni per concorso in associazione mafiosa
di Silvia Barocci
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Sabato 10 Maggio 2014, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 15:17

ROMA - Condannato e in via definitiva. Fosse stato in Italia, per Marcello dell’Utri si sarebbero aperte le porte del carcere.

Ma i lunghi tempi della giustizia italiana (20 anni di processo) questa volta devono fare i conti con un’estradizione dal Libano dove l’ex senatore di Forza Italia è in stato di arresto. La Corte di Cassazione ha confermato i sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri - secondo il pg della Suprema Corte, Aurelio Galasso, che ieri ha chiesto di rigettare il ricorso presentato dai legali - per diciotto anni, dal 1974 al 1992, è stato il «garante dell’accordo tra Berlusconi e Cosa Nostra», un «accordo che è stato attuato volontariamente e consapevolmente».

Erano le 22 di ieri sera quando gli avvocati Massimo Krogh e Giuseppe Di Peri hanno avvertito i familiari dell’ex senatore della nuova sentenza. È stato affidato a loro il compito di fargli avere la notizia nell’ospedale libanese dove è ancora in stato di arresto. Tutto questo mentre i difensori hanno annunciato che non si fermeranno qui e che faranno ricorso a Strasburgo. Pur ammettendo, però, che la scelta di lasciare l’Italia nei giorni precedenti al processo «è stata dettata probabilmente dall’esasperazione». «Dell'Utri - ha spiegato l’avvocato Krogh - è un uomo provato da venti anni di indagini. Non condivido la sua iniziativa, ma dopo così tanto tempo può aver perso la testa e commesso una stupidaggine».

È durata poco più di quattro ore la Camera di consiglio dei giudici della prima sezione penale, presieduti da Maria Cristina Siotto. Dopo quasi mille udienze totali, migliaia di pagine di deposizioni, più di trecento testimoni, due processi d’appello, una sentenza di rinvio a vent’anni esatti dall’iscrizione nel registro degli indagati, è arrivato il giorno del giudizio, e non è stato a suo favore. «Ha avuto rapporti con Cosa Nostra senza mai interromperli - ha sottolineato il pg Galasso nella sua richiesta di conferma della condanna - Riina preferisce lui al capo locale. I suoi rapporti con la mafia non si sono mai interrotti e si sono protratti senza soluzione di continuità dal 1974 fino al 1992».

L’INTERCETTAZIONE

La nuova sentenza della Cassazione era prevista originariamente per il 15 aprile scorso, ma gli avvocati avevano chiesto un rinvio per motivi di salute. Nel frattempo Dell’Utri è stato raggiunto da un mandato di cattura emesso dalla Corte d’appello di Palermo, allarmata dalla Dia su una possibile fuga all’estero. A parlare del Libano era stato Alberto, il fratello gemello dell’ex senatore, in una chiacchierata intercettata all’interno del ristorante romano Assunta Madre, mentre dialogava intercettato con l’amico Vincenzo Mancuso. E in effetti quando gli ufficiali della Dia sono andati a cercare Dell’Utri per arrestarlo, non l’hanno più trovato: era già in fuga dall’Italia, a Beirut, dove era arrivato con un volo da Parigi. Una latitanza lampo, perché l’arresto è avvenuto il 12 aprile quando l’ex presidente di Publitalia si trovava nel lussuoso hotel Phoenicia.

L’ESTRADIZIONE

Pochi giorni fa il ministero della Giustizia italiano ha spedito a Beirut tutti gli atti tradotti in francese che servono per ottenere l’estradizione. E subito dopo la sentenza, la procura generale di Palermo ha emesso un nuovo ordine di carcerazione che verrà trasmesso in via Arenula e poi allegato a un’ulteriore richiesta di estradizione, stavolta a fini di espiazione della pena. A questo punto le autorità libanesi, così come previsto dal trattato che regola i rapporti tra i due paesi, hanno tempo fino al 12 maggio per esaminarli e decidere se concederla o meno. Era stato lo stesso Dell’Utri, mentre era in attesa dell’ultimo verdetto di secondo grado, a dire: «Solo un imprevisto ci può salvare». L’imprevisto poteva essere la prescrizione che sarebbe scattata il primo luglio del 2014, ma la decisione della Cassazione è arrivata prima.