Casini, un passo indietro da uomo delle istituzioni: «L’Italia prima di noi»

L’ex presidente della Camera salutato in aula da un lungo applauso spontaneo

Casini, un passo indietro da uomo delle istituzioni: «L Italia prima di noi»
di Mario Ajello
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Domenica 30 Gennaio 2022, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 13:31

Un applauso scrosciante dell’aula di Montecitorio, lungo due minuti, ringrazia a sera Pier Ferdinando Casini. «Questa è la dimostrazione che sei e sarai sempre un uomo delle istituzioni. Grazie Pier». Così dicono un po’ tutti i suoi amici del Centro, a cominciare da quelli di Coraggio Italia con Giovanni Toti, e questo - bastava osservare Casini nell’aula prima e dopo il passo indietro da una candidatura mai formalizzata ma che stava nelle cose, considerando la storia delle personaggio e il credito di cui gode - è anche quanto i big e i parlamentari semplici del Pd e degli altri partiti andavano a dire ieri all’ex presidente della Camera. Il quale, abituato a non forzare e a rispettare il senso delle istituzioni, ha rinunciato alla gara: fra tante spaccature non poteva essere certamente lui a crearne ancora o comunque a ritardare un processo che si era innescato. Eppure, Casini ha la stima larga e riconosciuta per essere - e lo è stato - un papabile, riconoscibile e riconosciuto. «Sarebbe un ottimo presidente, rispettoso del pluralismo e della correttezza della vita democratica»: ecco la convinzione di tanti nel Pd, in Leu, e a sinistra come a destra, quando tutta un’area vasta dei grandi elettori aveva capito che la carta Pier poteva essere capace di pacificare e di risolvere lo stallo. Non è un caso che, a quorum raggiunto, in molti, a cominciare da Enrico Letta, siano andati proprio da lui.

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Una volta che è cresciuta l’opzione Mattarella, e i leader hanno trovato la quadra intorno al bis del Presidente, Casini aveva capito che quel percorso era il migliore dal punto di vista del rispetto della volontà dei grandi elettori e delle compatibilità generali, e ha fatto impressione a tutti il post su Instagram con la scritta: «Viva il Parlamento, Viva la Costituzione, Viva l’Italia», corredato da una sua foto insieme a Mattarella.

Con il quale Pier ha un rapporto consolidato e di lunga durata, che anche nella fase di vita nazionale che sta per aprirsi non potrà che risultare prezioso per la tenuta del Paese e del sistema. Parlano una lingua comune, quella della politica come costruzione paziente e mai di frattura, l’ex presidente della Camera e il presidente della Repubblica uscente e rientrante. 

 

In questa vicenda della possibile candidatura di Casini al Colle, che avanzava ma senza esibizioni muscolari o esercizi propagandistici o altre forme di politica-spettacolo di cui per Dna il senatore eletto a Bologna è felicemente sprovvisto, e che aveva una base di lancio parlamentare non ristretta e un sostegno primario (ma allargabile) in tutta l’area di centro che queste settimane hanno mostrato esistente e promettente. Ebbene, in questa vicenda non c’è stato passaggio in cui sostenitori e avversari non abbiano riconosciuto a Casini le alte doti morali che gli appartengono ormai da una vita da leader e da veterano delle Camere (di cui conosce ogni arredo, ogni umore, ogni figura sia grande sia meno importante, ma trattate tutte alla stessa maniera da uomo di mondo); le capacità di manovra politica; l’attaccamento alle istituzioni e lo stile - «Magari ce l’avessero anche tutti gli altri l’eleganza di tratto e di ragionamento di Casini»: commentavano ieri anziani Dc venuti a Montecitorio ad assistere al voto finale - con cui è abituato a mettersi a disposizione dello Stato. Tutte caratteristiche facilmente riscontrabili nelle parole con cui ha annunciato il suo passo indietro.

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I DIALOGHI
Pur non essendo mai stato ufficialmente candidato per la corsa quirinalizia, Casini in una dichiarazione sul canale della Camera ha chiesto al Parlamento di rinnovare a Mattarella la fiducia per il secondo mandato. «Chiedo al Parlamento - queste le parole di Pier - di togliere il mio nome da ogni discussione e di chiedere al presidente della Repubblica, Mattarella, la disponibilità a continuare il suo mandato nell’interesse del Paese». E ancora: «Credo ne vada della dignità del Parlamento e del decoro delle istituzioni. Se il Parlamento non è in grado di decidere non può contribuire alla sua delegittimazione, continuando una serie di inutili votazioni. Spero che oggi pomeriggio potremo confermare il presidente Mattarella, a cui chiediamo questo supplemento di responsabilità. Credo che per lui sarà un prezzo molto alto da pagare ma glielo chiediamo nell’interesse del Paese. Io naturalmente non vado in vacanza perché continuerò a lavorare in Parlamento». 

Perfino il tono ha quella magniloquenza un po’ antica che non si riscontra - e non è una buona cosa - nel lessico, piuttosto andante, dell’attuale classe politica visibilmente sprovvista, per lo più, di studi alla scuola dei partiti quando i partiti - e la Dc in cui militò fin da ragazzo Pier lo era eccome - sapevano essere palestre di conoscenza ben al di là delle identità politiche di parte. Nelle telefonate con Berlusconi di questi giorni, nelle interlocuzioni con tutti gli spicchi dei moderati italiani e nel dialogo continuo con Renzi, Casini ha potuto riscontrare la simpatia e le affinità da comune famiglia centrista e riformista. E questo è un patrimonio o una reciproca identificazione che politicamente vale anche in prospettiva. Queste vicende quirinalizie hanno dimostrato infatti l’esistenza di alcune possibilità condensabili nel discorso che è caro a Casini. Quello secondo cui la destra ha deluso, il populismo dell’uno vale uno e della politica urlata ha fatto il suo tempo insieme al rifiuto del professionismo politico, la sinistra socialdemocratica non ha capacità di rinnovamento e stenta ad essere attrattiva, e un’area della responsabilità e dell’innovazione non nuovista né leggerista ha tutte le condizioni per svilupparsi. I leader per questo progetto ci sono, a cominciare da Pier.
 

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