Francesco Bruno*
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Risorse ignorate/ Così l’Italia potrebbe uscire dall’angolo

di Francesco Bruno*
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Mercoledì 19 Ottobre 2022, 01:13 - Ultimo aggiornamento: 20 Ottobre, 01:19

Il nuovo governo a breve sarà formato e si troverà ad affrontare emergenze economico-sociali (la possibile imminente decrescita del Pil), di salute pubblica (la gestione della pandemia di Covid) e di geopolitica (la guerra in Ucraina e la possibile crisi tra Cina e Taiwan) di rara gravità. Se ne aggiungono altre due: le questioni ambientale ed energetica. Chiunque sia il nuovo ministro della Transizione Ecologica si troverà a dover effettuare scelte fondamentali per il futuro del Paese, per il nostro tessuto socio-economico e per il nostro benessere. 

Esistono cambiamenti non più rinviabili che nei prossimi mesi dovrebbero essere al centro dell’agenda del nuovo esecutivo: lo sfruttamento delle risorse naturali, la gestione dei rifiuti e il loro recupero a fini energetici, l’efficientamento delle rinnovabili. In riferimento al primo, non è assolutamente vero che l’Italia sia povera di risorse naturali. È però vero che, in parte per mancanza di visione strategica, in parte per la convinzione che l’attività di sfruttamento di risorse porti ad un impoverimento strutturale del nostro territorio, abbiamo maturato un ritardo drammatico in questo settore che ora stiamo pagando in termini di aumento inflattivo e probabilmente pagheremo nei prossimi mesi con una crisi economica. 

La più importante istituzione internazionale del settore (la International Energy Agency) è chiara: vanno accelerati i processi di efficienza energetica attraverso investimenti che puntino ad un nuovo mix energetico e a nuove modalità di utilizzo di risorse e materie prime. Le tecnologie sono oggi avanzatissime e in tutto il mondo (quello più ecologicamente avanzato, Europa, Usa e Giappone) le risorse naturali sono sfruttate in modo sostenibile e sicuro per cittadini ed ecosistemi. Oggi non possiamo più permetterci per preconcetti negativi e assolutamente privi di supporto scientifico di restare inerti. Andrebbero quanto prima sbloccate le autorizzazioni alla ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare, alla ricerca ed estrazione dei metalli rari e agevolata, attraverso una riscrittura delle regole, ogni forma (su cui peraltro le imprese italiane sono protagoniste nel contesto globale, con un know how di tutto rilievo) di individuazione di risorse che possano agevolare il tessuto economico e i cittadini.

Stesso discorso per la gestione dei rifiuti e il loro utilizzo a fini energetici.

Dovrebbero essere eliminate tutte quelle norme che a livello nazionale e locale integrano lungaggini burocratiche ed amministrative. A Roma, ad esempio, la tassa sui rifiuti è perlopiù destinata a sostenere i costi del trasporto dei rifiuti urbani verso gli impianti tedeschi o dell’est Europa. La letteratura scientifica unanime considera i termovalizzatori sicuri per la tutela degli ecosistemi e la salute umana, nel Codice ambientale italiano se ne deve tener conto e va modificata l’attuale procedura autorizzatoria troppo complessa e farraginosa per la loro attuazione, che oggi tratta erroneamente allo stesso modo varie tipologie di impianti con caratteristiche assai diverse tra loro non comparabili sotto il profilo tecnologico e di impatto per la salute e gli ecosistemi. E i piani regionali devono essere rivisitati, dovrebbero consentire in modo veloce la costruzione quantomeno degli impianti di modeste dimensioni che hanno limitati impatti sul territorio ed enormi benefici sociali ed economici (si veda il caso del Comune di Bolzano). 

Infine, le rinnovabili. Si è fatto tanto negli ultimi anni, ma niente di comparabile con quanto sviluppato dagli altri Paesi europei. Per avere dei termini di paragone, noi ricaviamo da tali risorse il 37 per cento dell’elettricità che consumiamo, l’Austria il 78 per cento, la Svezia il 74 e la Danimarca il 65. E anche se non dovessimo guardare ai super efficienti Paesi nordici, il Portogallo è al 54 per cento e la Spagna al 43. E non parliamo di incentivare ulteriormente il pannello fotovoltaico sulla villetta o sul condominio, che sì ha un beneficio, ma limitato. Ci riferiamo alla necessità di un nuovo paradigma logistico-strutturale: una chiara identificazione delle aree di sfruttamento, uno snellimento autorizzatorio per i grandi e i medi impianti, un ammodernamento della rete di distribuzione e di collegamento. 

Da fare, insomma, per il nuovo titolare del ministero della Transizione Ecologica c’è davvero tanto e di tempo ce ne è davvero poco. Pena l’irrilevanza geopolitica dell’Italia. Declino del Paese dal quale - come detto da tutte le parti in campagna elettorale – ci si può risollevare, ma che se si resta fermi appare un destino inesorabile.

* Ordinario di Diritto ambientale Università Campus Bio-medico

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