Vittorio Emanuele Parsi
Vittorio Emanuele Parsi

Mosca e la Nato/ L’equilibrio del terrore che (finora) ha funzionato

di Vittorio Emanuele Parsi
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Venerdì 15 Aprile 2022, 00:08

Che l’aggressione russa all’Ucraina abbia già prodotto un cambiamento rispetto all’ordine internazionale precedente è attestato in maniera plastica dalla richiesta di adesione alla Nato che due Paesi dalla lunga tradizione neutralista, come Finlandia e Svezia, si apprestano a presentare. In questo senso, possiamo già dire che, se era motivata dal frenare un ulteriore allargamento dell’Alleanza, la decisione di Putin di muovere guerra a Kiev ha già prodotto un effetto opposto a quello da lui sperato. Mosca ha nuovamente minacciato l’Occidente di pesanti ritorsioni, alludendo al fatto che sarà “costretta” a nuclearizzare il confine scandinavo. Con simili dichiarazioni cerca di capitalizzare la legittima apprensione delle nostre opinioni pubbliche  di fronte a una possibile escalation del conflitto e, soprattutto, prova a fare leva sui tanti più o meno “inconsapevoli” (o interessati) megafoni della sua propaganda presenti nelle nostre società aperte.

Già si levano voci che chiedono se non si debba, anche in questo caso, cedere al ricatto del Cremlino, con un curioso meccanismo di inversione dell’onere della prova: l’incremento di instabilità sarebbe causato dalla (legittima) richiesta di una maggiore protezione che proviene dai governi democratici e dalle società aperte di Svezia e Finlandia, e non dalle conseguenze dell’aggressione russa alla neutrale Ucraina. 
«Vale la pena prendersi ulteriori rischi per proteggere la libertà di svedesi e finlandesi? Ma chi ce lo fa fare?” La risposta è semplice e si articola su due livelli: uno etico e uno politico. Sul primo, dovrebbero echeggiare nelle nostre menti e nei nostri cuori le parole con cui Martin Niemoeller stigmatizzò l’indifferenza della società tedesca, soprattutto dei suoi intellettuali, di fronte all’ascesa del nazismo: «Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare». 


La sicurezza delle società aperte passa dalla consapevolezza che condividono non un passato comune, ma un futuro comune e che la libertà di ognuno è la sola garanzia per la libertà di tutti.
Sul secondo piano, quello politico, occorre ricordare che Svezia e Finlandia sono entrambi Stati-membri dell’Unione Europea, ai quali ogni altro Stato-membro si impegna a prestare assistenza, anche militare, in caso di aggressione.

Basta leggere i Trattati europei. Ora, di fronte a questa Russia, svedesi e finlandesi chiedono quel surplus di garanzia alla loro sicurezza che solo l’ombrello nucleare degli Stati Uniti e la struttura militare dell’Alleanza Atlantica possono garantire. Non si tratta di favorire l’escalation, ma al contrario di bloccare sul nascere ogni tentazione russa di poter ampliare le proprie mire imperialiste a qualunque altro Paese neutrale dopo l’Ucraina. 


La difesa comune europea si va costruendo, ma né l’Unione né l’unica potenza nucleare al suo interno (la Francia) sono e saranno in grado di offrire una dissuasione nucleare e, per molto tempo ancora, il medesimo livello di prontezza che solo la Nato può mettere in campo. Una deterrenza totale e a ogni livello dove la minaccia possa essere portata: è questa la sola, irrinunciabile garanzia di pace per l’Europa e per il mondo. Continuare ad agitare lo spettro di una incombente terza guerra mondiale, dimenticando che per quarant’anni abbiamo vissuto in una situazione nella quale proprio “l’equilibrio del terrore” ha consentito di evitare il conflitto tra totalitarismi e democrazie, significa, come minimo, non conoscere la storia, falsificarla o non avere appreso niente da essa. 
Così come “omettere” che, all’interno di quella delicatissima situazione, vennero avanzati passi concreti ed istituzionalizzati per fare avanzare il dialogo tra nemici, non tra alleati, è una grave responsabilità etica e politica. 
Venire meno agli impegni assunti con i Paesi alleati, dopo aver goduto per oltre settant’anni della protezione garantita dall’appartenenza all’Alleanza, è un atto di vigliacco opportunismo che si commenta da sé.

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