Federico Guiglia
Federico Guiglia

Il 4 novembre/ L’ideale di Nazione e quella festa dimenticata

di Federico Guiglia
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Venerdì 4 Novembre 2022, 00:01

Ma la Patria vale meno della Befana? In Italia ancora sì, se si pensa che, a differenza del 6 gennaio, festa dell’Epifania, il 4 novembre, “giorno dell’Unità nazionale e giornata delle Forze Armate”, non gode dello stesso trattamento. O meglio, non gode più, perché fino a metà degli anni Settanta tale data era celebrata come un giorno festivo nel calendario della Repubblica. Quell’“anniversario della Vittoria” era un omaggio alla memoria di un’intera generazione, soprattutto di ragazzi, che si sacrificò in una guerra orribile per consentire a noi, figli e figli dei figli, di sentirci da italiani liberi per sempre. Al prezzo della vita e delle immani sofferenze della “meglio gioventù” dell’epoca, il 4 novembre 1918 si coronava il sogno incompiuto del Risorgimento: Trieste e il Trentino-Alto Adige da allora sono Italia, e l’Italia da allora è indipendente e sovrana.

Ma nel clima di austerità del 1977 (terzo governo-Andreotti, quello della “non sfiducia” da parte del Partito comunista che s’astenne, per intenderci) il 4 novembre, al pari del 6 gennaio e del 2 giugno, furono declassati per legge: non c’era più niente da celebrare con la chiusura di scuole e delle attività di lavoro. Le pur risibili ragioni economiche del momento coincisero con l’ideologismo imperante: i politici anteponevano mille altre cose rispetto a una certa idea del paese -rigorosamente con la minuscola-, com’era da loro definito e, in fondo, considerato. C’è voluto il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, per far riscoprire alla politica il piacere di cantare l’inno di Mameli, la bellezza del Tricolore che sventola, la tranquilla felicità di vivere in Italia.
Col tempo, la miopia d’aver soppresso feste così importanti e condivise è stata corretta. Ma solo per due terzi. La Befana e la Repubblica sono tornate al posto da cui mai avrebbero dovuto essere scalzate.

Ma la povera Patria è rimasta all’asciutto.

L’Italia è così diventata l’unica Nazione dell’universo a non festeggiare con tutti gli onori la data della sua indipendenza e unità. Né il contentino successivamente aggiunto a tavolino, cioè il ricordo non festivo del 17 marzo 1861, proclamazione del Regno d’Italia, ossia il solo primo e pur rilevante passo dell’unità territoriale, può attenuare il grave errore non ancora riparato: aver reso il 4 novembre una festività alla chetichella, ricordata con qualche cerimonia ufficiale qui e là. Non però con la solennità pubblica e il coinvolgimento popolare che tale tesoro della memoria rappresenta e merita. Specialmente oggi, che nessuno più s’inventa di contestare il valore dell’unità d’Italia, e che il ruolo delle Forze Armate, grazie anche alle missioni all’estero per salvaguardare la pace e tutelare gli indifesi, è apprezzato da tutti.

Ecco, il governo che ha riproposto il concetto dimenticato di Nazione presente nella Costituzione, e un’opposizione che oggi s’è riconciliata con l’idea di Patria (adesso il Paese si scrive con la maiuscola), hanno un’occasione d’oro: rimettere per legge il 4 novembre allo stesso posto che si riserva ai Re Magi.
Sarà così completato il calendario repubblicano: 25 Aprile, 1° Maggio, 2 giugno e 4 novembre. La Liberazione, il Lavoro, la Repubblica e la Nazione. Il futuro della memoria. Suona quasi imbarazzante dover ricordare al governo e al Parlamento che da 45 anni all’Italia è stata tolta la sua festa. Ma non è mai troppo tardi per riconoscere il grave torto subìto. Basta un tratto di penna legislativa: il 4 novembre torni a essere la festa dell’unità nazionale e delle Forze Armate. Per amor d’Italia e dei suoi cittadini.

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