Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Le mosse della Bce/ Il taglio dei tassi e le indecisioni alla Don Ferrante

di Angelo De Mattia
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Sabato 9 Marzo 2024, 00:34

Niente di nuovo: pur scontato il mancato taglio dei tassi almeno la prospettiva del governo della moneta avrebbe dovuto essere molto più chiara. Nella seduta del Consiglio direttivo della Bce, tenutasi due giorni fa, non si è neppure parlato di riduzione del costo del denaro, ma genericamente della posizione restrittiva della politica monetaria. Era stato detto di recente dal Governatore Fabio Panetta, dopo avere rilevato il verificarsi della maggior parte delle condizioni per arrivare a un allentamento monetario, che l’esercizio previsivo di marzo avrebbe offerto alla Bce elementi utili per tracciare il sentiero di una realistica normalizzazione monetaria. Non osterebbe a ciò la probabilità esigua di una rincorsa salari - prezzi, anzi un qualche recupero del potere d’acquisto dei salari è fisiologico.


Il Consiglio direttivo ha, invece, optato per tutt’altro orientamento nonostante che si stimi, con l’esercizio anzidetto, una discesa dell’inflazione rivista al ribasso per il 2024 e nei due anni seguenti, come del resto un buon andamento di quella “core” - mentre al ribasso si rivede pure la crescita nell’area, allo 0,6 per cento nell’anno in corso, con una ripresa nel 2025 e nel 2026, all’1,5 e all’1,6 per cento. Tuttavia, secondo la presidente Christine Lagarde, per essere completamente fiduciosi nella riduzione dell’inflazione, essendovi per ora il contributo della stretta monetaria, occorrerà attendere i dati di aprile, anzi forse è meglio giugno; preoccuperebbero, per ora, le spinte che provengono dall’aumento dei salari - trascurando che, come ha detto Panetta, siamo in fase di recupero e comunque si pensa a un possibile assorbimento da parte dei profitti - e permarrebbero i rischi geopolitici.


Di questo passo, si procede di rinvii in rinvii con la chiamata in causa di fattori - si vedano i rischi geopolitici testè indicati - che non scompaiono da un giorno all’altro. Così, mentre si presenta un quadro con il calo dell’inflazione verso il target del 2 per cento e la revisione al ribasso con incrementi quasi insignificanti della crescita, un quadro ideale per avviare l’abbassamento dei tassi di riferimento, la Bce, o la parte prevalente di essa, con in testa madame Lagarde, temporeggia ancora.

Ma non è il prendere tempo come novelli Q. Fabio Massimo; piuttosto c’è il rischio del comportamento alla Don Ferrante manzoniano con il non decidere, risultato fatale, tra sostanza e accidente a proposito della peste. Può dare una qualche assicurazione che non si attenderà di toccare il 2 per cento per ridurre il costo del denaro come ha precisato la presidente. Tuttavia, si potrebbe rispondere che già siamo in una situazione di prossimità al target. Non è una situazione del tutto simile a quella degli Usa, dove il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, intervenendo nel Congresso, ha preso tempo con cautela per la riduzione dei tassi, ma ha parlato di “Outlook” economico incerto e ha ammesso che, accanto ai rischi che possono manifestarsi in senso opposto, ridurre troppo tardi o troppo poco i tassi può indebolire senza necessità l’attività economica e l’occupazione. Non si dimentichi altresì il peso che esercitano, alla fin fine, anche sulla politica monetaria le elezioni presidenziali e il percorso verso di esse. Le rassicurazioni a Francoforte di agire in base ai dati e della determinazione dell’Istituto perché l’inflazione ritorni all’obiettivo del 2 per cento, cosi come l’affermazione che le decisioni sui tassi si baseranno sulle prospettive dell’inflazione, sulla dinamica di quella di fondo e sulla forza di trasmissione della politica monetaria suonano come inerti clausole di stile.


Si conferma una inadeguata capacità di sintesi e di impulso da parte del vertice, considerate le divaricate posizioni che si riscontrano nelle dichiarazioni che precedono le riunioni, dichiarazioni rese da molti membri del Direttivo che confondono i mercati nonché accentuano la distanza delle non decisioni dalla gravità dei problemi e delle prospettive dell’area. Di una revisione della politica monetaria e della comunicazione, pur snobbata, si ripresenta l’esigenza. Vi è comunque il rischio di arrivare tardi all’allentamento o in maniera inadeguata e ciò sarebbe imperdonabile per i danni a famiglie e imprese. Un “bis in idem” alla rovescia dopo l’ inconcepibile ritardo di reagire, a suo tempo, alla crescente inflazione.
 

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