Tanucci (Brain at Work): la simulazione tecnologica è utile all’orientamento sul lavoro

Tanucci (Brain at Work): la simulazione tecnologica è utile all’orientamento sul lavoro
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 09:00

Si è conclusa a fine gennaio la XXXI edizione del Festival Brain at Work 2024. Per comprendere lo stato del mercato del lavoro, la qualità, le innovazioni e le sfide future, abbiamo intervistato il Prof. Giancarlo Tanucci, docente di Psicologia del lavoro e Direttore scientifico di Brain at Work Lab

La XXXI del Festival Brain torna a parlare di lavoro a Roma. Dal suo punto di vista qual è la situazione del mercato nella Capitale, può riassumerla in alcuni punti principali?

La situazione del mercato è dinamica: dal punto di vista della domanda di professionalità non possiamo che constatarne la consistenza, la ricchezza e molteplicità. Nel territorio laziale, lo si riscontra sopratutto per ciò che riguarda i settori del turismo e del food and beverage. Gli elementi di novità sono innanzitutto rappresentati da una forte spinta verso l’innovazione digitale e le applicazioni inerenti l’intelligenza artificiale, non solo per quanto riguarda le grandi imprese ma anche nella media e piccola imprenditoria.

Si fa maggiore attenzione alla qualità del lavoro?

La nostra ricerca – svolta congiuntamente con il mandato di Capitale Lavoro e della Fondazione Vincere Insieme – si è concentrata in particolar modo sulle richieste delle nuove generazioni dalle quali emerge l’attenzione al worklife balance, ancora di più che alla retribuzione. Il bilanciamento dell’esperienza professionale rispetto alla vita personale ha un enorme peso nella negoziazione tra datore e candidato. Contano i servizi welfare offerti, la flessibilità e la libertà di personalizzare la propria relazione con il lavoro.

Come far crescere quindi la cultura del lavoro e del miglioramento delle sue condizioni nelle giovani generazioni? Lo scorso anno Il Sole 24 ore pubblicava infatti un Rapporto in cui evidenziava quanto quello dei NEET sia un problema che riguarda tutti, non solo il Sud. In Piemonte, per dire, i NEET sono il 17,7%, come nel Lazio.

A partire dai risultati della nostra ricerca, stiamo mettendo a punto una proposta di intervento che individua due problematiche. La prima riguarda la difficoltà di conoscere gli aspetti strutturali dell’orientamento nel mondo del lavoro, di conseguenza la capacità di accedere a queste informazioni e analizzarle è molto limitata da parte di coloro che sono in attesa di inserirsi. La seconda riguarda la qualità dei servizi di orientamento: bisogna implementare le attività di consulenza, cambiando le modalità di approccio all’insegna di quella che è stata chiamata “la teoria della casualità pianificata”. Ovvero, la percezione di come maturare e sfruttare le proprie competenze per intercettare le esigenze del mercato. Ai NEET manca proprio questa strategia ed è così che restano bloccati. Per questo noi vorremmo che questo modello diventasse un’azione da inserire nei modelli di placement.

Dalle tabelle pubblicate dall’agenzia Spazio Lavoro della Regione Lazio riferite al 2022 emergono dei dati allarmanti, la percentuale dei contratti a tempo indeterminato non arriva all’8%, ma soprattutto la durata prevista di rapporto è di solo un giorno per il 48%. Qual è il suo commento?

Questo è riflesso di una mancanza di progettualità, stiamo infatti riscontrando l’evidenza storica secondo cui gli imprenditori non sono in grado di elaborare una strategia rivolta alle risorse umane, quindi attuano una sorta di “rapina” contrattuale.

Credo, d’altro canto, sia anche cambiata la mentalità: per le nuove generazioni il lavoro non rappresenta più il perno strategico della propria esistenza ma è una delle possibilità di realizzazione che deve essere compatibile con tutte le altre aspettative. I NEET non trovano questa possibilità, l’assenza di una contrattazione a tempo determinato può dunque essere considerata anche una scelta, non è un caso che i teorici parlano di “carriere frastagliate”, è dunque fondamentale che la leadership – tanto la struttura imprenditoriale e normativa che quella consulenziale – comprenda questi cambiamenti e queste nuove prospettive.

Il festival che attenzione dedica all’empowerment femminile considerato che gli ultimi dati Istat e INPS relativi a Roma e al Lazio rilevano che nel 2022 le donne fra i 25 e i 34 anni che appaiono escluse dal mercato del lavoro rappresentano il 30,3%?

Vorremmo riuscire a comprendere come strutturare la gender equality all’insegna della differenziazione. Uno dei punti centrali emersi dalle analisi è che da parte delle donne esiste una visione molto più articolata delle problematiche della carriera rispetto ai soggetti di sesso maschile che appaiono molto più monostereotipati. Tra le iniziative vogliamo infatti verificare come creare una dimensione professionale alternativa, sbocchi eterogenei per donne e nuove generazioni.

Parliamo di un panel importante dedicato allo sport: Sport at Work, in che modo lo sport si fa strumento utile al mondo lavoro?

Da un lato lo sport fa parte dello sviluppo basilare della persona, quello tra psiche e corpo, dall’altro vogliamo agevolare anche il diffondersi dell’e-sport cioè di quell’attività sportiva gestita attraverso le strutture tecnologiche che mettono alla prova le capacità cognitive, elaborative, di risposta di natura emotiva e socializzante che sono presenti nelle discipline sportive come attitudini fondamentali. Dobbiamo quindi considerare anche la componente relazionale e emotiva dello sport che favorisce l’inclusione sociale e la condivisione nei rapporti interpersonali, tanto dal punto di vista creativo che di controllo delle proprie capacità, e ciò non è destinato soltanto alle persone affette da disabilità. Possiamo dunque considerare questa attenzione un altro esempio di apertura rispetto alla marginalizzazione lavorativa afforntata precedentemente.

In vista della prossima edizione, potrebbe darci alcune anticipazioni? Quali pensa saranno i prossimi trend?

Sicuramente continueremo a innovare gli strumenti di accesso al mondo del lavoro attraverso la possibilità di testare le capacità tramite la tecnologia, per poter individuare le migliori competenze di adattamento della persona a un determinato settore. Vogliamo dunque sfruttare le possibilità di sperimentazione e simulazione per consentire ai soggetti di avere consapevolezza delle proprie risorse per programmare lo sviluppo delle proprie competenze al fine di ottenere delle opportunità di realizzazione nel lavoro e attraverso di esso.

Lucia Medri

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