Venier (Snam): «Parte il cantiere della Linea Adriatica. In un anno la burocrazia si è dimezzata»

L’ad di Snam: «i lavori al via a maggio. Con il terzo gasdotto sulla linea sud-nord l’Italia diventa la porta verso l’Europa. Trasporterà 10 miliardi di metri cubi di gas in più in arrivo dal Nord Africa. Avrà un ruolo chiave anche per l’idrogeno»

L'ad di Snam Stefano Venier sta per tagliare il nastro dei lavori per il rafforzamento della Linea Adriatica, il tubo tra Abruzzo e Umbria che rimuoverà il collo di bottiglia che ora limita il trasporto di gas da sud a nord.
di Roberta Amoruso
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Mercoledì 28 Febbraio 2024, 12:41

«L’Italia avrà la Linea Adriatica, il terzo gasdotto sulla direttrice sud-nord per mettere in sicurezza il sistema e, con le navi rigassificatrici, archiviare la dipendenza dal gas russo. E l’avrà in tempi accelerati: apriremo il cantiere entro maggio». Stefano Venier è alla guida di Snam da quasi due anni, e ne è passato di tempo - diversi anni - dalla prima gestazione del progetto che sbloccherà la strozzatura tra Abruzzo e Umbria per portare il gas da sud a nord dell’Italia fino all’Europa centrale. Ora Venier è pronto ad assegnare i primi appalti. Tenendo conto che «una delle tre condotte potrà essere utilizzata domani per l’idrogeno», spiega l’amministratore delegato, «è evidente come la Linea Adriatica renda il South H2 Corridor una opzione unica nel panorama europeo».

Sta dunque per decollare l’hub europeo dell’energia di cui parla il Piano Mattei?

Senza i nuovi tubi della Linea Adriatica non può transitare tutto il gas in arrivo dal nord Africa che sostituirà definitivamente quello russo. «Le due navi rigassificatrici, a Piombino e dal 2025 a Ravenna, consentiranno già un salto nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento portando la quota del gas liquefatto sulla domanda complessiva fino al 40%, lo stesso livello raggiunto nel 2023 anche dall’Europa. Nell’emergenza abbiamo utilizzato tutte la flessibilità del sistema e ciò rende necessario potenziare il corridoio da sud in una prospettiva di sicurezza, non solo per l’Italia ma anche per gli altri Paesi confinanti».

Di qui il ruolo di hub europeo?

«L’Italia può diventare davvero la porta di ingresso verso i Paesi più vicini interconnessi. Un ruolo condiviso anche a livello di Commissione europea, visto che con il RepowerEu ci sono stati riconosciuti fondi sia per la realizzazione della Linea Adriatica sia per il potenziamento della capacità di esportazione verso l’Austria».

Quanto gas in più potremo esportare potenzialmente?

«In questo momento possiamo trasportare da sud fino a 45 miliardi di metri cubi, sui 63 miliardi consumati nel 2023. Con la Linea Adriatica aggiungeremo 10 miliardi, passando a coprire dal 66% a oltre l’80% dei consumi. Inoltre, porteremo la capacità di esportazione verso l’Austria, attualmente di 6,5 miliardi di metri cubi, a quota 10 miliardi, al pari dei flussi potenziali verso la Svizzera». Quando il primo cantiere del rafforzamento dell’Adriatica? «Sono in tutto 425 chilometri di rete da realizzare entro il 2027 con un costo di investimento di 2,5 miliardi previsti nel nostro piano da complessivi 11,5 miliardi. Per stare in questi tempi procederemo a breve all’assegnazione dei primi cinque lotti del primo dei tre tratti previsti nel progetto, insieme alla stazione di Sulmona».

Qual è il primo tratto?

«Va da Sestino, in Toscana, a Minerbio, in Emilia-Romagna e consentirà di supportare anche l’attività del nuovo rigassificatore di Ravenna. La centrale di Sulmona, nel primo pacchetto di lavori da completare entro il 2026, lavorerà per i flussi del centro.

Gli altri due lo saranno entro il 2027. Contiamo di aprire i cantieri entro maggio con oltre 800 persone».

Quante risorse saranno mobilitate subito?

«Parliamo di una prima tranche da un miliardo. Con il nuovo piano investiamo ogni anno quasi il triplo dell’impegno annuale messo in campo nell’ultimo decennio». Per un’opera «strategica» anche per l’Europa non si poteva fare prima? Quanto pesano le lungaggini autorizzative e le opposizioni del territorio? «In realtà è stata la crisi ucraina a far emergere come una priorità il potenziamento del corridoio da sud. Di qui nasce la spinta alla forte accelerazione di un progetto in programma da molto tempo. Il rafforzamento delle commissioni Via ci ha consentito, per questo e altri interventi, di beneficiare di un’accelerazione importante nei percorsi autorizzativi».

Vuol dire che si sta cambiando la narrazione di un Paese fermato dalla burocrazia?

«È un dato di fatto che negli ultimi 12-18 mesi ci sia stata un’accelerazione importante per molti processi autorizzativi. È arrivato in tempi record anche il via libera ad aumentare la pressione in un paio di siti di stoccaggio, o per la sostituzione di condotte tra Ravenna e Chieti, fino ad arrivare al semaforo verde alle due navi galleggianti per Lng che hanno beneficiato dello strumento commissariale. I tempi autorizzati in alcuni casi sono stati pressoché dimezzati».

Lo sforzo fatto dal governo sembra blindare la sicurezza energetica. Anche i prezzi del gas sono tornati ai minimi dell’estate del 2021, ma cosa rischiano le bollette con la crisi in Medio Oriente?

«Sicuramente un Paese che può disporre di infrastrutture adeguate e in grado di garantire una diversificazione di approvvigionamenti, ovvero un mix bilanciato e flessibile, potrà beneficiare di prezzi competitivi. Abbiamo imparato dalla crisi che un livello alto di stoccaggi può svolgere un ruolo strategico di stabilizzazione dei prezzi. E anche oggi i recenti eventi in Medio Oriente piuttosto che la chiusura del canale di Suez non hanno avuto impatti importanti proprio per l’ampia disponibilità di gas negli stoccaggi».

Investire nelle infrastrutture prepara il Paese anche alla transizione energetica. L’idrogeno è così lontano?

«Si tratta di costruire un mercato, un’intera catena del valore, dalla produzione, alle infrastrutture di trasporto fino alle regole».

Quanto ci vorrà?

«L’orizzonte è al 2030. L’Italia può avere un ruolo cruciale dopo il riconoscimento del corridoio italiano (South H2 Corridor, la nuova per il trasporto di molecole verdi, ndr) tra i cinque chiave della transizione per l’Ue. Inoltre, la quota della nostra rete che può già essere dedicata al trasporto di idrogeno è molto significativa, pari al 70%. Questo riduce i costi e stringe i tempi. Un vantaggio importante rispetto ai corridoi alternativi».

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