Salario minimo, più inflazione e lavoro nero: tutti i dubbi. E il voto in Aula è rinviato

Sulla soglia a 9 euro all'ora di associazioni, imprese e sindacati

Salario minimo, più inflazione e lavoro nero: tutti i dubbi. E il voto in Aula è rinviato
di Luca Cifoni e Federico Sorrentino
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Giovedì 20 Luglio 2023, 06:15 - Ultimo aggiornamento: 07:09

ROMA Ancora un buco nell'acqua. Il voto in Commissione Lavoro della Camera sul salario minimo proposto per legge dalle opposizioni slitta ancora, stavolta a martedì prossimo. Per il secondo giorno consecutivo a Montecitorio si scontrano il muro di dem, grillini, Verdi-Sinistra e Calenda, favorevoli ad una retribuzione per legge di 9 euro l'ora, e quello della maggioranza che spinge per mantenere l'assetto attuale, basato esclusivamente sulla contrattazione tra le parti sociali.

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Salario minimo, più inflazione e lavoro nero

La strategia delle opposizioni è stata identica a quella vista già martedì, con numerosi iscritti a parlare per ritardare il voto dopo l'emendamento soppressivo della maggioranza che mira a cancellare in blocco la proposta Conte-Schlein, senza entrare nel merito dei contenuti. Ieri in Commissione è stato proprio il presidente M5s a scagliarsi contro il governo «insensibile alla dignità dei lavoratori». Un governo «chiuso al confronto», secondo Matteo Richetti di Azione. Il centrodestra però tira dritto. Abbattere il cuneo fiscale e detassare le tredicesime, questa è la soluzione indicata da Antonio Tajani. L'arbitro in Commissione è il presidente, Walter Rizzetto (FdI), ormai piuttosto spazientito: «Ho l'obbligo di traghettare il provvedimento in aula il 28 luglio, se l'opposizione continua con questa fase di illustrazione in aula non ci arriviamo».
Le schermaglie parlamentari si sovrappongono al dibattito di merito sullo strumento.

Le perplessità avanzate sulla proposta dell'opposizione si concentrano sia su questioni di principio che su aspetti tecnici del progetto.

Un nodo delicato è il rapporto tra salario minimo e contrattazione. La direttiva europea sul tema non impone uno specifico strumento legislativo ai Paesi come il nostro che hanno tradizionalmente un forte ruolo delle parti sociali. Se è vero che la Germania, con una struttura simile a quella italiana, il salario minimo recentemente lo ha introdotto, almeno una parte dei sindacati nostrani resta scettica, temendo un depotenziamento del proprio ruolo. E le imprese come la pensano? Da parte di Confindustria non c'è una contrarietà assoluta, ma il presidente Bonomi ha sempre fatto notare come lo strumento non risulti necessario nel comparto manifatturiero, nel quale le retribuzioni sono più elevate del livello dei 9 euro l'ora contenuto nella proposta.

LE OBIEZIONI

Il punto semmai sono alcuni settori dei servizi in cui il livello delle retribuzioni è effettivamente basso. Ma proprio i 9 euro sono stati oggetto di altre obiezioni, da parte di economisti ma anche di politici come Luigi Marattin (Italia viva). Questo valore, seppur più nominalmente basso di quello di altri Paesi, si colloca a circa il 75 per cento della mediana dei salari italiani, mentre nei Paesi Ocse si va dal 40 al 60 per cento. Dunque si tratterebbe di un minimo in realtà molto elevato, che se applicato rischierebbe di incentivare il ricorso al "nero" proprio in quei settori in cui i lavoratori sono più deboli. In alternativa - secondo i critici - le imprese potrebbero ribaltare sui consumatori i maggiori costi, alimentando l'inflazione. A questo tema è collegato quello delle differenze territoriali interne del Paese: un solo livello di 9 euro risulterebbe a maggior ragione alto in molte aree meridionali in cui il costo della vita è basso. Ma l'idea di una differenziazione è politicamente delicata, perché evoca il fantasma delle "gabbie salariali" (ovvero livelli retributivi diversi tra le Regioni) abolite in Italia alla fine degli Anni Sessanta.
 

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