LA DECISIONE
L'idea della cessione di Gedi avrebbe raggiunto il punto di maturazione due giorni fa a Milano e, secondo le anticipazioni del sito Dagospia.com, la cifra messa sul piatto da Elkann sarebbe piuttosto importante. Sebbene manchi la parola fine alla trattativa, la prudenza usata nello stringato comunicato della Cir non cancella la convinzione che l'operazione sia quasi chiusa, mancando solo gli ultimi dettagli legali prima di essere sottoposta all'approvazione del cda della holding lunedì prossimo. Ma ieri sera le indiscrezioni si spingevano anche oltre, immaginando addirittura - ipotesi subito smentita da Torino - che entro breve tempo Exor potrebbe cedere Repubblica a Carlo De Benedetti, che a metà ottobre si era proposto di rilevare il 29,9% di Gedi in polemica con i suoi gestori. Si trattò di una mossa a sorpresa «non sollecitata, né concordata», per usare le parole del cda della Cir che allora respinse con durezza «un'offerta manifestamente irricevibile» in quanto «del tutto inadeguata al reale valore della partecipazione e ad assicurare prospettive sostenibili di lungo termine al gruppo Gedi».
LITE IN FAMIGLIA
A determinare lo stop furono proprio Marco e Rodolfo, che da circa dieci anni, dopo il passo indietro del padre dalla guida del gruppo editoriale, guidano le attività della Cir. «Sono profondamente amareggiato e sconcertato», furono le parole di Rodolfo, il più anziano dei due fratelli e attuale presidente della Cir, per l'iniziativa del padre. Poi ecco lo scambio di accuse a mezzo stampa. Gedi «è un'azienda senza vertice e senza comando», che «va risanata» dichiarò De Benedetti padre. Fino ad arrivare al passo indietro dalla presidenza onoraria del gruppo Gedi che ricopriva da qualche anno.
Per la verità, da tempo i fratelli De Benedetti erano in cerca di un acquirente. Anche se sempre smentite, si sono comunque alternate voci di vendita all'imprenditore ceco Daniel Kretinsky, azionista di rilevo di Le Monde; o alla cordata formata dal fondo Peninsula, Luca Cordero di Montezemolo e Flavio Cattaneo; oppure ancora al gruppo francese che fa capo a Vincent Bollorè. Tutte ipotesi non gradite al fondatore della Cir, che secondo le interpretazioni più accreditate, organizzò la plateale rottura con i figli proprio per impedire l'uscita del gruppo editoriale dal perimetro della holding di famiglia.
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