A questo punto è ufficiale. Per affrontare l’emergenza gas l’Italia potrà attingere dai 225 miliardi di euro di prestiti ancora disponibili nel NextGenerationEu. Una dote a cui si aggiunge, su base volontaria, l’utilizzo di fondi di coesione (26,9 miliardi), Pac (7,5 miliardi) e i proventi delle aste Ets, ovvero dei permessi a inquinare, (20 miliardi) per un totale di 279,4 miliardi. Nessun cambio di rotta sui progetti né per i finanziamenti del Pnrr, sia chiaro, assicurano da Palazzo Chigi. Ma l’Italia dovrà giocare al massimo la carta rinnovabili per raccogliere la sfida lanciata ieri dalla Commissione europea con la presentazione del RepowerEu. Sarà una strada obbligata per imprimere un cambio di rotta strutturale rispetto alla dipendenza dal gas russo. Ma a questo punto il nostro Paese dovrà anche tornare a valutare attentamente anche il dossier nucleare e rivalutare il contributo del carbone. Francia e Germania hanno un bel vantaggio da giocarsi su questi due fronti. E una marcia indietro tardiva può valere comunque qualcosa se si guarda all’atomo di quarta generazione.
Il doppio binario
Il nuovo piano spalma-pannelli dell’Italia, partirà dalle semplificazioni già messe in cantiere dal governo su pannelli solari ed eolico, ma a questo punto dovrà tenere conto della spinta arrivata da Bruxelles.
Non solo. L’obiettivo delle rinnovabili è da affiancare anche al raddoppio del tasso di diffusione delle pompe di calore, con un obiettivo di 10 milioni di unità nei prossimi 5 anni. Da vedere poi quanto il governo sfrutterà la nuova possibilità per gli Stati membri di derogare al principio del non fare danno significativo all’ambiente per investimenti in petrolio e gas. Per accelerare la transizione energetica si potrà inoltre sfruttare anche il nuovo piano per moltiplicare gli sforzi sulla produzione dell’idrogeno da rinnovabili anche con investimenti infrastrutturali e spingere di più sul biometano. Misure da accompagnare anche a interventi di breve termine: dalla possibilità di stoccaggi congiunti (ieri Snam ha acquistato la nave metaniera Golar Arctic da Golar Lng, che si è impegnata a convertirla a unità di stoccaggio e rigassificazione per 269 milioni), all’opzione per gli Stati di intervento sui mercati dell’energia nazionali, incluso la ridistribuzione di extra-profitti. Fino all’apertura a un tetto Ue ai prezzi del gas. Purché si parli di tetto solo in caso di completa interruzione delle forniture di gas russo, avverte Bruxelles. E il tetto nazionale? L’Italia, come gli altri Paesi, potrà continuare ad applicare prezzi del metano e dell’elettricità regolamentati sul mercato al dettaglio nazionale, ma anche introdurre un prezzo di riferimento, sempre interno, per il gas utilizzato per la produzione di energia elettrica. Ma i prezzi bloccati devono essere destinati a una fascia precisa di consumatori e per periodo preciso di tempo.
La porta del nucleare
C’è però un altro passaggio cruciale del nuovo Piano europeo contro il caro-energia. L’Ue avrà bisogno di aumentare «nei prossimi 5-10 anni di 44 TWh la produzione di energia dal nucleare e di 100 TWh di carbone, un aumento di circa il 5% nel mix energetico», è scritto. E allora l’Italia non potrà stare a guardare. I vicini francesi hanno ben 58 reattori nucleari e basano su questi il 70% della loro produzione nazionale. La Germania invece ha escluso di prolungare la durata dei suoi impianti nucleari esistenti, ancora tre, ma conta ancora molto sul carbone per il 40% dell’energia prodotta, contro il 4% dell’Italia, solo per dare un’idea. Un’assicurazione non da poco in tempi di crisi del gas, dal quale l’Italia dipende invece per oltre il 40% del fabbisogno nazionale.