La crisi demografica svuota le città del Mezzogiorno

La crisi demografica svuota le città del Mezzogiorno
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Venerdì 27 Ottobre 2023, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 12:05

LO STUDIO

ROMA Napoli meno 14 per cento, Palermo meno 17, Messina e Taranto meno 19. Non è solo un problema della montagna e delle aree interne: la crisi demografica si farà sentire anche nelle città del Mezzogiorno, che nei prossimi 20 anni vedranno cali percentuali a due cifre della propria popolazione. Invece alcuni grandi centri del Nord, in controtendenza rispetto all'andamento nazionale, potrebbero sperimentare un incremento anche significativo dei propri residenti; mentre per il Centro-Italia la prospettiva è di sostanziale tenuta o di limitato arretramento. Il quadro è quello delle previsioni demografiche a livello comunale, realizzate dall'Istat per il periodo 2022-2042, nell'ambito del programma di Statistiche sperimentali. Stime rese note mentre la natalità continua ad inanellare record negativi: i dati definitivi sul 2022 confermano il nuovo minimo storico a quota 393 mila nascite, con l'unico spiraglio positivo di una ripresa di quelle dei primogeniti nel post-pandemia. E nei primi sei mesi di quest'anno la discesa è proseguita con 3.500 bambini in meno rispetto allo stesso periodo del 2022.

L'ORIZZONTE

Le previsioni della popolazione sono realizzate a livello nazionale e regionale con un orizzonte che arriva al 2080 (anno in cui dovremmo essere circa 13 milioni in meno) naturalmente con un più alto grado di incertezza per i decenni più lontani. Ma è ancora più difficile provare a capire cosa succederà nei singoli Comuni: dunque in questo caso la proiezione si ferma al 2042. Vediamo allora quali sono le stime per le 44 città che oggi hanno più di centomila residenti. Partendo dalla Capitale che come è noto è anche il Comune più popoloso: rispetto ai 2.749 mila abitanti del 2022 (anno base della previsione) Roma ne perderebbe circa 80 mila, poco meno del 3 per cento. Al contrario Milano guadagnerebbe oltre centomila residenti (+8%). Napoli è il terzo Comune italiano per abitanti ma è a rischio di cedere questa posizione: gli oltre 130 mila in meno stimati (-14,3%) lo farebbero scivolare appena dietro Torino che pure è destinata a rimpicciolirsi ma in misura minore (-6,9%). Il ridimensionamento è drastico per Palermo (-17,4%, 110 mila residenti in meno) e più contenuto per Genova (-4,2%). Tra Bologna e Firenze è la prima ad apparire in salute demografica, con un previsto incremento di popolazione del 6,6%. Il capoluogo toscano invece avrebbe un arretramento del 2,6%. Concentrando l'attenzione sulle città meridionali, ne troviamo una sfilza per cui è attesa una brusca discesa dei residenti: Bari (-8,6%), Catania (-10,8%), Messina (-19,4%) (Taranto (-19%), Reggio Calabria (-17,8%). Cali percentuali in doppia cifra anche a Salerno Sassari e Siracusa. Al Nord invece, prevedibilmente, arretra Venezia mentre hanno un spiccato segno positivo (superiore al 5%) Brescia, Parma, Bergamo, Trento e Piacenza. Al Centro la situazione è più variegata, con Prato in ascesa dell'8,3%, mentre Livorno e Terni perdono entrambe il 7,9%.
Non è facile dare una spiegazione univoca di traiettorie che per definizione sono incerte; lo stesso istituto di statistica suggerisce di trattare i dati con cautela. Di sicuro c'è la tendenza generale del Paese ad un veloce spopolamento, a causa del rovinoso calo della natalità non compensato dai flussi migratori. Ma in realtà ci sono molte Italie. Almeno fino 2042 il Nord nel suo complesso non perderebbe popolazione, a fronte di una contrazione nazionale del 4,9%: quasi tre milioni di italiani in meno da qui a vent'anni di cui la gran parte sono cittadini meridionali. Al Mezzogiorno però c'è un ulteriore paradosso: l'emorragia è addirittura più marcata nelle città di oltre centomila abitanti, rispetto agli altri territori. Come appena visto, non mancano casi di grandi centri urbani settentrionali in declino. Dunque ci sono storie diverse: in generale però il fattore più importante è il tasso migratorio sia verso l'interno che verso l'estero. Nelle città del Sud e delle Isole le partenze sono quasi sempre più consistenti degli arrivi, mentre a Nord il saldo è spesso positivo, anche in modo evidente. Osserviamo simultaneamente Napoli e Milano: la città partenopea ha all'inizio un tasso di natalità leggermente più favorevole ma questo vantaggio si annulla in pochi anni, mentre al contrario si allarga vistosamente il divario in termini di mortalità, a favore della metropoli lombarda. Che può vantare tassi migratori netti (differenza tra immigrati ed emigrati ogni 1.000 residenti) costantemente elevati e superiori al 7 per tutto il prossimo quinquennio. Mentre a Napoli il tasso ha il segno negativo.

I PERCORSI

Chiaramente questi andamenti preparano percorsi economici e sociali divergenti. Il rimpicciolimento delle città, da solo, significa meno attività produttive, meno scuole, meno servizi. Ma i centri che si spopolano sono anche quelli in cui sarà più notevole lo squilibrio tra la popolazione anziana e quella in età lavorativa. Per restare al confronto Napoli-Milano: oggi le due città hanno un'incidenza della popolazione tra i 15 e i 64 anni praticamente identica, poco sotto il 65 per cento (in Campania ci sono un po' più di ragazzi e un po' meno di anziani). Tra una ventina d'anni Milano sarà ancora intorno al 60, Napoli ben sotto. Nel frattempo la città partenopea avrà ampiamente superato quella meneghina quanto a ultrasessantacinquenni.
Luca Cifoni
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