Inps, nuovo stallo sulla presidenza. Nori fa un passo indietro

Mauro Nori
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Mercoledì 13 Marzo 2019, 18:02 - Ultimo aggiornamento: 20:31
Non si trova un vice per Pasquale Tridico. Dopo Francesco Verbaro, che ha passato la mano anche per motivi personali, è ora Mauro Nori a rinunciare alla candidatura al fianco del consigliere di Luigi Di Maio per comporre il nuovo ticket alla guida dell'Inps. Intanto l'istituto naviga a vista da ormai quasi un mese, dopo l'addio a metà febbraio di Tito Boeri, e nel bel mezzo dell'ondata di domande per la pensione anticipata con quota 100 e di quelle per ottenere il reddito di cittadinanza.

La Lega aveva puntato sin dall'inizio su Nori presidente, per poi ripiegare su una vicepresidenza ma "di peso" davanti alle insistenze dell'alleato. Nori in un primo momento aveva declinato l'incarico di vice ma era tornato in pista quando la Lega aveva proposto che avesse deleghe pesanti. E proprio su queste ultime si è di nuovo incagliata la trattativa, fino al passo indietro del diretto interessato. «Non sono disponibile ad assumere alcun incarico» ha detto l'ex direttore generale dell'istituto, ringraziando «tutti quelli che mi hanno manifestato fiducia» e augurandosi che l'istituto «riesca a superare brillantemente un periodo particolarmente difficile della sua lunga storia».

Parole pesanti, certo. Che ora costringono la Lega a cercare un nuovo nome da proporre, che dovrebbe andare insieme anche all'indicazione di un nuovo direttore generale dell'Anpal, che alla guida vede sempre una figura scelta dal M5S, Mimmo Parisi. Nel Movimento, se ufficialmente non si commenta, dietro le quinte c'è chi gongola
per avere alla fine stoppato un nome che proprio non andava giù. Un punto segnato nei confronti dell'alleato-avversario che complica però la composizione della squadra per l'Inps e potrebbe rimettere in discussione anche l'accordo di massima trovato per sistemare le altre nomine ancora in sospeso, a partire da quelle della Banca d'Italia.

La figura del vicepresidente, peraltro, ancora non esiste: la riforma della governance introdotta con il decretone prevede infatti un commissariamento, non ancora formalizzato in assenza di un'intesa M5S-Lega, e il ritorno del Cda. Il ruolo di sub-commissario, poi vicepresidente, dovrebbe essere introdotto con un emendamento del governo al provvedimento, all'esame delle commissioni della Camera dopo il primo via libera del Senato. Il tempo per chiudere la conversione del decretone comincia a stringere, ancora un paio di settimane, e ancora il pacchetto a firma dell'esecutivo non è stato presentato. Dovrebbe trattarsi di una quindicina di proposte che, oltre all'Inps, dovrebbero puntare a rafforzare il reddito di cittadinanza per le famiglie numerose o con disabili. Niente da fare, in questa sede, per le nuove tutele per i rider che arriveranno invece, come lo stesso Di Maio ha annunciato, con il varo del salario minimo. Potrebbe rispuntare, invece, un intervento sulle pensioni dei sindacalisti, rivisto e corretto rispetto all'ipotesi formulata dal M5S al Senato. Si potrebbe trattare di un intervento non retroattivo e che modifica il calcolo dei contributi nei periodi aspettativa per l'attività sindacale (si dovrebbero parametrare agli ultimi 10 anni lavorati).

Possibile che il governo presenti le sue modifiche domani, insieme a una serie di riformulazioni delle due relatrici, Elena Murelli e Dalila Nesci, che intanto hanno depositato quella che è stata ribattezzata norma 'anti-clan Spada: dopo le polemiche nei primi giorni di avvio per la presentazione della domanda ai Caf da parte di alcuni componenti della famiglia di Ostia, si prevede infatti la sospensione di redito e pensione di cittadinanza per chi ha subito una misura cautelare personale, «anche adottata all'esito di convalida dell'arresto o del fermo», o una condanna «anche con sentenza non definitiva». La norma sospende l'erogazione anche ai latitanti, così come già previsto per la pensione.  


 
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