«Bisogna fare un patto che guardi contemporaneamente alle imprese e ai loro dipendenti», afferma il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, in una nota. «Il peso delle tasse sul lavoro è eccessivo e va ridotto drasticamente», osserva. «La zavorra dei tributi frena la corsa del prodotto interno lordo che continua a crescere con ritmi da prefisso telefonico». Il rischio, secondo il presidente, «è che il Paese si avviti presto attorno a una pericolosa stagnazione, ma nessuno sembra preoccuparsi di questa minaccia. Chi fa impresa in Italia, oggi, ha molto coraggio: una prova di tenacia e resistenza che durano da decenni, assai difficile da decrittare. Se si ferma la piccola impresa, si ferma tutto» è l'avvertimento.
I numeri parlano chiaro.
Ecco qualche esempio elaborato dal centro studi di Unimpresa. Un'azienda o partita Iva che fattura 50.000 euro, ha un prelievo fiscale complessivo di circa 33.200 euro, con un guadagno netto di appena 17.800 euro. Quindi, calcolando 12 mesi di attività, il profitto, al netto delle tasse, è di circa 1.483 euro, mentre nelle casse dello Stato si versano, ogni 30 giorni, circa 2.766 euro. Secondo i calcoli dell'associazione, su 50.000 euro di fatturato, si pagano: 13.625 euro di saldo Irpef, 5.241 di acconto Irpef, 956 euro di addizionale regionale Irpef, 236 euro di addizionale comunale Irpef, 71 euro di acconto addizionale comunale Irpef, 53 euro come diritti alla Camera di commercio, 1.689 euro di Irap, 797 euro di acconto Irap, 7.191 euro di contributi previdenziali, 3.779 di acconto contributi previdenziali. Il totale dei versamenti è quindi pari a 33.248 euro, cifra che porta il total tax rate sopra quota 64,5%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA