Ferragni, le nuove regole per gli influencer. Agcom: «Maggiore trasparenza sugli sponsor»

Ferragni, le nuove regole per gli influencer. Agcom: «Maggiore trasparenza sugli sponsor»
di Giacomo Andreoli
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Mercoledì 10 Gennaio 2024, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 09:43

Qualcosa si muove in Italia per iniziare a regolamentare l'attività degli influencer online. Cercando di evitare pubblicità occulta, truffe e strapotere dei profili da milioni di follower sui social. Potere in teoria utilizzabile anche per veicolare contenuti discriminatori o illiberali. Dopo il caso del "pandoro-gate", la multa da 1 milione di euro dell'Antitrust e l'accusa di truffa aggravata per Chiara Ferragni e Balocco, ora il primo passo lo compierà l'Agcom. Oggi si riunirà il consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che dovrebbe dare il via alle prime linee guida italiane sul lavoro degli influencer, sulla scia di quanto fatto in Gran Bretagna e negli Usa.

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I PRINCIPI DA RISPETTARE

Sarà l'ultimo atto di una consultazione pubblica aperta la scorsa estate. Le nuove disposizioni normative e regolamentari puntano a una maggiore trasparenza e consapevolezza nei confronti del pubblico e di tutti gli "stakeholder" coinvolti (dalle aziende che fanno le partnership con i personaggi noti agli stessi professionisti della comunicazione online). L'obiettivo è in primis evitare la pubblicità occulta, e di rimando provare a limitare le pratiche commerciali scorrette. Verranno quindi individuate una serie di norme del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici che anche gli influencer, quando la loro attività viene assimilata a quella dei media, saranno invitati a rispettare. In parole povere chi propone contenuti in modo continuo, con una organizzazione strutturata, dovrebbe essere invitato a chiarire la natura delle sponsorizzazioni, garantendo i riconoscibilità dei contenuti pubblicitari.
Ci sarebbero inoltre principi da rispettare sulla tutela dei minori e contro i discorsi d'odio e discriminatori. Ma almeno per il momento non saranno previste sanzioni, per ora limitate alle sole grandi piattaforme web (da Facebook e Instagram a Tik Tok e Youtube) che veicolano informazioni false, discriminatorie o distorte oppure contenuti illegali legati a partnership commerciali. L'ultimo caso, a dicembre, è stata una multa della stessa Agcom da due milioni e 250mila euro a Google e 900mila euro a Twitch, per avere consentito la pubblicizzazione del gioco d'azzardo, infrangendo così l'articolo 9 del decreto Dignità del 2018.
Gli accertamenti hanno accertato la presenza di oltre 80 canali YouTube e Twitch contenenti più di 20mila video che pubblicizzavano slot-machine, gioco d'azzardo, scommesse sportive e gratta e vinci. In entrambi i procedimenti, le piattaforme web sono state ritenute responsabili in quanto titolari del mezzo di diffusione dei video pubblicati da soggetti terzi, e con i quali avevano specifici contratti di partnership. L'accordo commerciale genera quindi la responsabilità sul contenuto. Un principio, che, secondo fonti dell'Agcom, in futuro potrebbe valere anche per i singoli imprenditori la cui attività viene assimilata ai media. Gli influencer insomma.

LA LEGGE NAZIONALE

Il governo, nel frattempo, lavora a una legge ad hoc, che obblighi le aziende e le società a rendere pubbliche le cifre legate alle loro iniziative di beneficenza. Si potrebbe dover indicare se la somma da devolvere è stata decisa in modo arbitrario o se dipende dall'andamento delle vendite, specificando la percentuale di guadagni destinati alla beneficenza. Potrebbe poi esserci l'obbligo di chiarire se la partnership con un testimonial sia o meno retribuita. Indicazioni, queste, che in caso di un prodotto venduto "a scaffale" potrebbero anche finire nell'etichetta, forse con un asterisco dove si specifica che una parte del ricavato verrà devoluta in beneficenza. La norma si inserisce all'interno di un'iniziativa che la Commissione europea potrebbe avviare nei prossimi mesi assieme alla rete di coordinamento Ue che protegge i diritti dei consumatori. L'obiettivo è cercare pubblicità e annunci ingannevoli, controllando tutti i principali social network, a partire dai profili più noti.
Secondo Alberto Gaffuri, docente di diritto per l'economia all'Università Bicocca, «quello dell'Agcom è un primo passo che può essere importante.
Con la legge, invece, bisogna stare attenti». Con criteri troppo generici che rimandano a troppo norme attuative e regolamenti, aggiunge «si rischia infatti di arrivare troppo tardi e generare un quadro burocratico troppo complicato, dalla dubbia efficacia: per questo sarebbe meglio affidarsi a un tavolo tecnico». «È giusto- conclude - punire chi inganna usando i social, anche eventualmente con delle sanzioni, ma se si alza troppo l'asticella si rischia di disincentivare la beneficenza: non può servire un team di avvocati per aziende e influencer che in futuro vogliano fare donazioni».

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