Corrono i prezzi alimentari e aumenta il rischio di obesità, perché per una fascia consistente di popolazione peggiora la qualità del cibo. Potrebbe sembrare un paradosso, ma il tema del rapporto tra inflazione e qualità della nutrizione è ben presente negli studi internazionali e fa capolino anche nelle analisi del governo italiano. In particolare quelle relative agli "Indicatori di benessere equo e sostenibile" (Bes) inseriti tra gli allegati del Documento di economia e finanza. Da alcuni anni alle previsioni economiche e finanziarie vengono aggiunte quelle relative a questi parametri che hanno l'obiettivo di andare oltre il Pil, per cogliere altri aspetti importanti del progresso sociale del Paese. Insieme a quelli su povertà, diseguaglianza, speranza di vita, partecipazione al lavoro, efficienza della giustizia civile e inquinamento trova posto anche l'eccesso di peso, definito dall'organizzazione mondiale della sanità sulla base dell'indice di massa corporea (Imc). Sono considerate in sovrappeso le persone di almeno 18 anni con Imc superiore a 25. L'indicatore preso in considerazione è quindi l'incidenza degli individui in eccesso di peso sul totale della popolazione maggiorenne.
LE STIME
Come sono andate le cose nel nostro Paese? L'eccesso di peso, sia nella versione standardizzata (che neutralizza l'effetto delle differenti età) che in quella non standardizzata è cresciuto dal 2015 fino a toccare un massimo nel 2020, verosimilmente anche a causa del cambio di abitudini legato all'emergenza sanitaria.
Il risultato dell'esercizio è che, tenendo conto dell'inflazione, il valore dell'eccesso di peso si mantiene su valori alti nel 2023 e nel 2024, mentre escludendo dal calcolo questo fattore si avrebbe una discesa abbastanza vistosa nei prossimi anni. L'indicatore riprenderebbe a calare negli ultimi due anni, quando si presume che la corsa dei prezzi sia sostanzialmente rientrata, tornando ai valori precedenti alla guerra in Ucraina.
Le analisi del Mef trovano conferma nelle rilevazioni sui consumi che segnalano nei periodi di crisi economica (inclusa quella attuale causata dall'aumento dei prezzi) una più spiccata preferenza per i discount e in generale per una spesa qualitativamente meno ricercata: si cerca di attutire l'effetto sul portafogli sacrificando le esigenza di una dieta salutare e appropriata. Una tendenza che riguarda soprattutto chi ha redditi più bassi: gli stessi dati del Def evidenziano come l'incidenza dell'eccesso di peso sia molto più diffusa tra gli adulti con titolo di studio più basso (che a sua volta è spesso correlato con una relativa indigenza).
IL FENOMENO
Come già accennato, si tratta di un fenomeno già noto in altri Paesi, a partire dagli Stati Uniti. A livello planetario gli studi della Fao segnalano come per ampie fasce di popolazione mondiale, anche nei Paesi in via di sviluppo, il problema dell'obesità e delle malattie connesse stia diventando altrettanto rilevante (se non di più) rispetto a quello "classico" della nutrizione insufficiente.
In Italia come altrove l'inclusione dell'eccesso di peso tra gli indicatori di benessere si spiega piuttosto facilmente. A livello individuale questa situazione (ancora di più quando si aggrava diventando obesità) porta a malattie croniche e disabilità, riducendo l'aspettativa di vita e provocando anche esclusione sociale. Su larga scala tutto ciò si traduce non solo in maggiore spesa sanitaria, ma anche in minore partecipazione al lavoro e più bassa produttività. E quindi, alla fine, anche in minore crescita economica.